Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 127ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni – che trovate anche nel numero extra del lunedì – e riflessioni.
Oggi parlo di sentenze, di vita su altri pianeti, di primati occidentali e lingue fantastiche.
Ma prima una foto: ero in un museo e stavo fotografando alcune delle opere esposte come promemoria, quando per errore ho anche un mio piede che cammina.
Strane notizie dal Regno Unito
Questa parte della newsletter è stata modificata dopo la pubblicazione iniziale per meglio chiarire le possibili conseguenze della sentenza.
Non ho opinioni particolarmente forti sulla sentenza della Corte suprema del Regno Unito sull’esclusione delle donne transgender dalle tutele della legge sulle pari opportunità.
È insensato, oltre che difficile, fare classifiche, ma credo che le persone transgender siano tra quelle meno considerate e più discriminate, spesso in maniera violenta e sistematica, nella nostra società. Sono, purtroppo, in buona compagnia: nonostante i progressi che ci sono stati – quantomeno fino a qualche anno fa –, continuiamo come esseri umani a diffidare della diversità e a dare valore a una “normalità” che spesso è frutto di un’astrazione o semplicemente una questione statistica.
Sono quindi convinto che le persone transgender – e più in generale quelle che non si uniformano alla “norma” per quanto riguarda il sesso e il genere – abbiano bisogno di maggiori tutele, cosa che spesso significa semplicemente rimuovere barriere, incluse quelle introdotte con intenti discriminatori. Ed è una convinzione che hanno anche i membri della Corte suprema britannica: il problema è capire di quali tutele c’è bisogno (e quali si possono applicare visto che, in linea generale, un tribunale non può cambiare la legge ma solo applicarla). Ed è questo il motivo principale per cui non ho opinioni particolarmente forti su questa sentenza.
La Corte suprema britannica non ha infatti detto che le donne transgender non sono donne, o non sono “vere donne”, anche se purtroppo la sentenza è stata così riassunta.1 Al contrario, nel testo ci sono diversi passaggi in cui si sottolinea l’importanza per l’autonomia e la dignità delle persone transgender del Gender Recognition Act, la legge che permette alle persone di cambiare genere. Non è in discussione il riconoscimento della propria identità di genere e non lo è neanche la protezione dalle discriminazioni di genere che si basa su quello che viene definito “sesso percepito”.2 Quello che la corte ha stabilito è che la legge sulle pari opportunità (Equality Act) così come è formulata riguarda solo il sesso biologico e pertanto non riguarda le donne transgender. Il caso concreto riguarda le quote femminili nei consigli di amministrazione di enti pubblici, ma da quel che capisco la sentenza riguarda in generale tutti gli “spazi per sole donne”, dai gabinetti alle competizioni sportive. E, sempre da quel che capisco, ammette ma non obbliga l’esclusione delle donne transgender da questi spazi; in altre parole, chi organizza una manifestazione sportiva femminile può ammettere o escludere le donne transgender a seconda delle caratteristiche della competizione o dei propri pregiudizi. E ovviamente le donne transgender possono far parte di tutti i consigli di amministrazione che vogliono,3 semplicemente la loro presenza non conta per la quota femminile stabilita per legge. Il Guardian ha fatto il punto su cosa potrebbe concretamente cambiare, ci sono alcuni ambiti dove il basarsi solo sul sesso biologico è decisamente un problema – penso al sistema sanitario e alle carceri, oltre che a rifugi e centri antiviolenza –; ambiti peraltro dove anche basarsi unicamente sul “sesso percepito” sarebbe complicato. Non resta che confidare nel buon senso di chi rivedrà prassi e le linee guida alla luce della sentenza della corte suprema.
Questo il “significato giuridico” della sentenza che, tutto sommato, trovo ragionevole,4 tenendo conto del fatto che un tribunale deve interpretare le leggi esistenti e non scriverne di nuove. Ma poi c’è il “significato sociale” e qui le cose direi sono molto meno ragionevoli e più inquietanti. Per come è stata raccontata, si tratta di una sentenza anti-gender per non dire omofoba e non è solo un problema di disinformazione: anche se dal punto di vista giuridico cambia poco, è possibile per non dire probabile che la situazione peggiori, per le persone transgender, visto che chi aveva già dei pregiudizi nei loro confronti si sentirà in qualche modo autorizzato. Anche perché il caso è nato nel contesto del cosiddetto “femminismo gender-critical” o trans-escludente5 che tiene separato il femminismo “delle donne in senso biologico” dalle istanze delle persone LGBTQ+.
Il mio timore è che, da questa storia, non ci guadagni nessuno. Non le persone transgender, chiaramente, che si vedono ridotto il proprio spazio sociale; non le donne in senso biologico, e le femministe, che sul piano concreto credo ottengano poco e si ritrovano vicine a movimenti reazionari; non la popolazione in generale, con il peggioramento del dibattito pubblico e la riduzione degli spazi di convivenza delle diversità.
Una considerazione finale. Alla fine, quello che la corte ha stabilito è che una certa legge (l’Equality Act) è stata pensata per una certa situazione e una certa categoria di persone e non è sensato applicarla in altre situazioni e ad altre categorie di persone. È una situazione che sicuramente si ripresenterà, in futuro, e non solo nell’ambito dei diritti civili. La società cambia e le categorie con cui suddividiamo il mondo sono sempre più instabili. Possiamo introdurre nuove categorie, possiamo adattare quelle vecchie; quello che direi non possiamo fare è fingere che il mondo non sia cambiato.
In poche parole
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C’è vita su altri pianeti? Non abbiamo (ancora) la risposta a questa domanda, ma ultimamente il “sì” ha guadagnato qualche punto rispetto al “no”. E questo credo sia il modo migliore con cui presentare una notizia che negli ultimi giorni ho letto e ascoltato un po’ ovunque, perché la questione è che sull’esopianeta K2-18b quasi certamente ci sono delle sostanze molto probabilmente prodotte da forme di vita.
Magari non ci sono, magari ci sono ma hanno un’altra origine. E se messa così la notizia può sembrare poco interessante, provate a pensare che siamo in grado di analizzare l’atmosfera di un pianeta che si trova a un centinaio di anni luce da qui, con una sicurezza – come riporta Ian Whittaker su The Conversation – del 99,7%.
Ecco invece una notizia che mi era sfuggita: Hempleman-Adams ha attraversato a piedi e in solitaria l’Isola di Baffin, in Canada. È quel tipo di impresa che da una parte mi fa dire “wow”, dall’altra “perché?”, ma immagino che lei risponderebbe, e a ragione, “perché no?”.
Il fatto è che, senza tante riflessioni, è stata presentata come la prima donna ad aver completato questo percorso. E in effetti l’ente che gestisce i parchi canadesi non ha registrato una impresa simile – solo che l’Isola di Baffin non è disabitata, ci vivono alcune migliaia di persone che attraversano periodicamente quel territorio. Solo che sono inuit, quindi nessuno si è interrogato se per caso qualche donna di quella comunità avesse già attraversato l’isola in solitaria.
Come ha scritto Marco Boscolo, dal quale ho appreso l’episodio, “l’episodio è piccolo, marginale rispetto ai problemi di neo-colonialismo che ancora oggi si possono incontrare in diversi settori della conoscenza”. Ma rappresentativo.
In pochissime parole
Pikachu nella foresta dei metalupi – Massimo Sandal sulla de-estinzione del metalupo alla quale avevo dedicato la scorsa newsletter.
Errore, se di errore si tratta, presente in entrambi i fronti: è utile avere qualcosa di estremo sia per gioire, sia per indignarsi.
È una terminologia che non mi piace particolarmente, ma che ha senso nel particolare contesto della sentenza.
Il problema, ovviamente, è quello che vogliono chi le dovrebbe nominare.
“Ragionevole” ovviamente non significa “condivisibile” o “giusta”.
Chiamato anche TERF, Trans-Exclusionary Radical Feminism, ma il termine è spesso usato in senso spregiativo e, benché non condivida quelle posizioni, preferisco non usarlo
Seguo da poco questa newsletter, ma mi sa che me ne andrò. La sentenza di cui stai parlando in modo, a mio avviso, superficiale ha implicazioni molto più profonde. Una di queste è che le donne trans saranno escluse dai programmi per le donne abusate e maltrattate, comprese le case sicure. Non mi pare una questione di pura forma.