Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 98ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di fonti e rubinetti dell’informazione, di terapie alternative per rane, di bignami postmoderni e del David di Michelangelo in aereo.
Ma prima una foto: messaggi chiari sui muri di Zurigo.
Le fonti della conoscenza
Quella della “fonte di una notizia” è una metafora cristallizzata – il termine tecnico è “catacresi” –, insomma una metafora che nessuno percepisce più come tale e viene considerata semplicemente come un altro significato della parola.1 Nessuno fa più caso al fatto che il tavolo, non essendo un animale, non ha gambe, il treno non ha una coda o una testa e le notizie, non essendo corsi d’acqua, non hanno fonti.
Solo che come tutte le metafore ha i suoi limiti e in questo caso – come anche in quello delle “fonti del diritto”, ma lì il discorso è un po’ diverso – direi che il limite principale è che l’acqua scorre sempre verso il basso e segue percorsi relativamente stabili: la sorgente alimenta un torrente che poi diventa fiume, poi magari lago, poi di nuovo fiume, si getta in un altro fiume e infine arriva in mare. A meno di non installare pompe – come quelle degli impianti di bonifica –, un lago non alimenta un fiume che sta a monte e un torrente non può alimentare cinque o sei fiumi, ma nel mondo dell’informazione situazioni del genere capitano di frequente, con notizie che rimbalzano su vari livelli e seguono percorso tortuosi e ogni volta diversi.
Certo ci sono aspetti che questa immagine della fonte coglie bene: le notizie arrivano sempre da qualche parte. E sapere da dove (e da chi) arriva una notizia è spesso un elemento importante per valutarne l’importanza e l’affidabilità. Ma lo è anche tutto il percorso che ha seguito quella notizia e come ci arriva – insomma, il rubinetto (o la bottiglia) dalla quale riempiamo il bicchiere.
Il che porta alla domanda su come ci informiamo, dove scopriamo le notizie (ammesso di volerle scoprire, visto che sono sempre di più le persone che evitano le notizie). E, soprattutto, “come dovremmo informarci”, se è ad esempio meglio privilegiare pochi media che consideriamo affidabili o, al contrario, ampliare la scelta. Tendenzialmente preferisco la prima ipotesi, anche per questioni di tempo – che non è pigrizia, ma bisogno di ottimizzare le risorse in un momento in cui l’offerta mediatica avrebbe bisogno di giornate di 72 ore anche solo per sfogliare i principali media –, ma c’è il rischio di isolarsi da una parte del mondo che ci circonda.
Mi ha stupito vedere come si informano i diciotto (con le riserve) giurati dell’unico processo a Donald Trump che si è concluso (ma ancora deve essere stabilita la pena).
Lo sappiamo perché è stato uno dei temi affrontati durante la selezione dei giurati e il New York Times ha analizzato i dati, fornendo anche un utile schema:
Certo, i giurati non sono gente qualsiasi. E siamo a New York: non stupisce che quasi tutti leggano il New York Times, media che supera non solo altre testate giornalistiche ma anche Google e i social media. Una ricerca analoga fatta su una ventina di persone prese davvero a caso avrebbe certamente risultati diversi – dubito che Fox News avrebbe un unico spettatore, ad esempio.
Ma proprio perché il campione è parziale e profilato, mi stupisce leggere questo grafico non partendo dai media, ma dai giurati. Ben due (il numero 4 e il 2 dei supplenti) non hanno indicato alcun media: non si informano da nessuna parte. Due giurati (il 10 e l’11) hanno indicato un solo media, e poco cambia che in uno dei due casi sia il New York Times. Otto giurati hanno indicato due soli media, e appena sei si informano su tre o più media.
E, ripeto, questo è il risultato in un gruppo selezionato di persone, le dodici più sei persone scelte per giudicare un ex presidente.
In poche parole
Terapie alternative per anfibi: la chitridiomicosi è una malattia che minaccia la sopravvivenza di alcune rane australiane e si è scoperto che un buon modo per salvarle è una sauna. Starsene al caldo in queste strutture – che dalle foto sembrano più dei forni o al massimo delle serre, ma capisco che il termine “sauna” sia più attraente – permette di tenere sotto controllo l’infezione e pare anche conferire una sorta di immunità alla rane guarite.
È il tipo di soluzione che mi piace per semplicità e genialità.
Gli statunitensi si sentono sempre più liberali (nel senso di liberals, che forse sarebbe meglio tradurre come “progressisti” o “di sinistra”) sui temi sociali ma sempre più conservatori in quelli economici. È il risultato di una ricerca della Gallup che vedo commentata soprattutto guardando a come il dato è cambiato nel tempo, perché a diventare più liberal, negli ultimi vent’anni, sono stati soprattutto i democratici, mentre a diventare più conservatori sono stati soprattutto i repubblicani – ed entrambi sono diventati meno moderati. Quando si parla di “polarizzazione” si intende anche questa cosa qui ed è avvenuta sia tra i democratici sia tra i repubblicani, ma un po’ di più tra i primi. E infatti nel presentare i risultati Gallup afferma che “la ‘liberalizzazione’ dei democratici ha alterato le medie nazionali su questioni sociali ed economiche”. Poi il sondaggio – da quel che ho capito perché non sono riuscito ad accedere ai dati completi – si basa su come si autoodefiniscono le persone e non sulle loro opinioni puntuali, per cui sarei cauto nel dire chi si è davvero spostato e da che parte.
Rimane il fatto che in un Paese sempre più progressista sui temi sociali e nel quale l’economia va bene ci si asspetta che il candidato democratico ottenga la presidenza senza particolari problemi. E invece.
Lyz Lenz ha scritto un libro, This American Ex-Wife: How I Ended My Marriage and Started My Life, che ha avuto un certo successo, immagino dovuto in parte a persone – soprattutto donne – stufe di considerare il proprio divorzio semplicemente come un fallimento.
Il successo ha portato a un curioso fenomeno editoriale: la presenza di “guide alla lettura” del libro, di fatto riassunti pieni di schemi ed elenchi puntati realizzati da intelligenze artificiali che – come scrive l’autrice – “appiattiscono lo stile e rimuovono citazioni e commenti”. In pratica dei bignami, ma non su classici della letteratura o su materie scolastiche, ma su saggi e libri recenti.
Sono convinto che l’autrice abbia perfettamente ragione a parlare di “furto”. Tuttavia, se c’è gente interessata ai contenuti del libro ma che per mille motivi non è disposta a leggersi le 250 pagine del saggio, perché non fornire loro direttamente un riassunto con i punti principali? Fossi un editore, ci farei un pensierino.
Solo io sono stufo delle foto con le stelle della bandiera europea che fanno da aureola al politico di turno?2 Magari la prima era simpatica, le prime cento normali, ma alla centomillesima anche basta. Togliete le bandiere europee dallo sfondo degli incontri con la stampa – o mettete una botola proprio nel punto dove il fotografo deve appostarsi per avere la giusta prospettiva.
In pochissime parole
Il lato oscuro dell’aria condizionata – e da questa bella scheda sul sito Zanichelli manca tutta la parte sulle malattie legate all’aria condizionata.
Le canzoni si Taylor Swift sono molto filosofiche, scrive Jessica Flanigan, professoressa di filosofia all’Università di Richmond. Se l’idea è spiegare un po’ di filosofia partendo dai testi di Swift, concordo; ma ecco, affermare che Taylor Swift sia anche una filosofa mi pare una stronzata.
Puoi usare impunemente il David di Michelangelo per farti pubblicità, se sei EasyJet.
Come fa, tra gli altri, il dizionario Treccani – che, cosa curiosa, ricorre a un’altra catacresi proprio nella definizione principale: “Vena d’acqua a getto continuo”.