Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 67ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni. Oggi parliamo di combustibili fossili, di algoritmi generativi e delle istruzioni del PZ40.
Ma prima una foto:
Non avevo mai visto l’arco completo di un arcobaleno, da orizzonte a orizzonte. Qualche giorno fa, grazie a una leggera pioggerella poco dopo l’alba, ho avuto – insieme a molte altre persone – questa fortuna.
L’arcobaleno tra l’altro è doppio: ingrandendo la foto si intravede un secondo arco esterno, più debole. I particolari su questo secondo arco e altre informazioni sulla formazione degli arcobaleni – come il perché siano visibili al mattino presto1 – in questo articolo pubblicato su Le Scienze.
Il lungo addio ai combustibili fossili
Grazie all’ottimo lavoro di Ferdinando Cotugno, giornalista di Domani per il quale cura la newsletter Areale (ci si può iscrivere qui), ho seguito giornalmente lo svolgersi della COP – il cui nome completo sarebbe “Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”.2
È una cosa che solitamente cerco di evitare – non perché eventi simili non mi interessino, ma perché per noi semplici spettatori la cosa importante è il risultato finale, non come ci si arriva. Giusto per fare un esempio: l’inaccettabile bozza di accordo circolata lunedì, in cui si parlava della possibilità di una riduzione del consumo di combustibili fossili entro il 2050,3 è certamente stata importante per andare avanti con la trattativa, ma era prevedibile che non sarebbe mai stata approvata in quella forma.
Seguire la cronaca quotidiana è stato tuttavia utile. Intanto per non perdermi particolari come la vittoria russa per la COP 2024 che non si svolgerà in Bulgaria ma a Baku, in Azerbaijan – quindi, come sintetizzato da Cotugno, in un Paese protagonista di una guerra di invasione nonché una delle economie al mondo più dipendenti dalle fonti fossili. Ma la cronaca è stata utile soprattutto per comprendere il senso dell’accordo raggiunto. Che è un accordo politico, il che lo rende al contempo incredibilmente debole – non è vincolante, neppure nel senso già debole con cui lo sono diversi accordi internazionali – e incredibilmente forte, perché alla fine ha trovato l’accordo di tutti, e l’accordo è stato trovato su un punto che non era affatto scontato: che dovremo smetterla, con i combustibili fossili, e senza stare a perdere troppo tempo. D’ora in avanti il dibattito politico, almeno in teoria, dovrebbe partire da qui, visto che tutti – inclusi i Paesi che basano la propria economia e il proprio potere sul petrolio – si sono detti d’accordo.
Poi certo, la formulazione (che qui riprendo sempre dalla newsletter Areale) è il classico bicchiere mezzo pieno – o pieno per un terzo, se non meno, ma avendo il riferimento della già citata bozza circolata lunedì appare comunque più pieno che vuoto:
Le parti hanno concordato di allontanarsi dai combustibili fossili nei sistemi energetici, in un modo che sia giusto, ordinato ed equo, accelerando l'azione in questo decennio critico, in modo da arrivare allo zero netto nel 2050, come richiesto dalla scienza.
Come detto non c’è nulla di vincolante, in queste parole. Ma dovrebbero fare da base per le future decisioni politiche interne – ma su questo, concedetemi un po’ di scetticismo.
L’abbandono dei combustibili fossi – e più in generale la transizione energetica – non incontra solo l’opposizione di chi quei combustibili li estrae e li vende. Ci sono infatti forti perplessità, e aperte opposizioni, anche a livello sociale perché quella transizione richiede investimenti importanti. Non è un caso se ho usato l’espressione “investimenti” e non “costi”: l’alternativa, far meno del necessario per limitare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, avrà conseguenze economiche e sociali ben peggiori.
Recentemente ho seguito un incontro dedicato all’accettazione sociale della sostenibilità. L’intervento principale è stato tenuto dal professor Rolf Wüstenhagen dell’Università di San Gallo che si è soffermato sull’installazione di parchi eolici, ma immagino che il discorso si applichi anche ad altre misure come la mobilità elettrice e collettiva, l’abbandonare i riscaldamenti a nafta eccetera. La transizione, ha spiegato, è accettata a livello politico e anche economico: il collo di bottiglia è rappresentato dalla società, dal fatto che diverse comunità si sentono escluse – hanno insomma l’impressione di doversi assumere i costi e di essere tagliati fuori dai vantaggi. Alla base c’è ovviamente una scarsa fiducia verso le autorità e una conoscenza insufficiente dei progetti e delle tecnologie, ma è essenziale anche garantire un’equa distribuzione dei benefici. Per questo quando leggo la dichiarazione conclusiva della COP guardo con ottimismo all’inciso “in un modo che sia giusto, ordinato ed equo”. Potrebbe essere usato per rallentare e ostacolare la lotta al cambiamento climatico, ma mi illudo che serva a guadagnare il necessario consenso collettivo.
E se (non) li chiamassimo algoritmi generativi?
Eugenio Radin propone di chiamare ChatGPT e simili “algoritmi generativi” anziché “intelligenze artificiali”. Il motivo è abbastanza semplice:
La parola “Intelligenza” infatti è concettualmente e culturalmente molto pregna: ha significati che ancora non ci sono del tutto chiari; è in qualche modo intrecciata all’idea di “coscienza”; richiama alla nostra mente romanzi e film di fantascienza e risveglia nella nostra immaginazione speranze e paure che, al momento, non hanno alcuna fondatezza.
Credo che questo sia vero soprattutto per l’italiano: in inglese “intelligence” può avere un significato più debole (la CIA si occupa di intelligence, l’analogo italiano è più semplicemente “Agenzia informazioni e sicurezza interna”). In ogni caso, capisco il punto: la parola “intelligenza” evoca prestazioni che (ancora?) non ci sono – poi secondo me il rischio maggiore non è tanto avere paure infondate,4 ma fare un cattivo uso di ChatGPT perché non ne comprendiamo il funzionamento e i limiti.
Però a me il termine “intelligenza” piace perché comunque credo catturi un aspetto importante: questi programmi imparano, o se preferiamo si adattano, e mostrano quindi una qualche forma, per quanto debole, di agentività; non solo il termostato che si accende o spegne a seconda della temperatura raggiunta, ma prendono delle decisioni che non siamo in grado di predeterminare a priori. Le IA generative rispondono in maniera diversa alle stesse richieste – e c’è persino chi ipotizza che, insieme a tutti i dati di addestramento, ChatGPT possa aver “imparato” che a dicembre si rimandano le cose all’anno prossimo.5
Peraltro il problema di come chiamiamo questi sistemi è temporaneo: man mano che saranno integrati nei dispositivi e programmi che usiamo saranno semplicemente “una funzione in più”, senza bisogno di usare termini specifici.
IA che leggono istruzioni
A proposito di intelligenze artificiali (o algoritmi generativi) che fanno cose, ho presentato a ChatGPT (versioni 3.5 e 4) le istruzioni per installare il PZ40.
È uno dei tanti divertissement proposti da Umberto Eco nei suoi scritti: delle istruzioni che, ribadendo in continuazione cose ovvie e scontate, nascondono l’informazione essenziale. Qui vi propongo il testo delle istruzioni; per vedere come se la è cavata ChatGPT (spoiler: non benissimo) rimando al blog:
Per potere installare Il PZ40 è necessario disimballarlo estraendolo dal contenitore di cartone. Si può estrarre il PZ40 dal contenitore solo dopo aver aperto lo stesso. Il contenitore si apre sollevando in direzioni opposte le due ribaltine del coperchio (vedi disegno all’interno). Si raccomanda, durante l’operazione di apertura, di tenere il contenitore verticale col coperchio rivolto verso l’alto, perché in caso contrario il PZ40 potrebbe scivolare a terra durante l’operazione. La parte alta è quella su cui appare la scritta ALTO. Nel caso che il coperchio non si apra al primo tentativo si consiglia di provare una seconda volta. Appena aperto e prima di togliere la copertura d’alluminio, si consiglia di strappare la linguetta rossa altrimenti il contenitore esplode. ATTENZIONE: dopo l’estrazione del PZ40 potete gettare il contenitore.
In realtà non era poi così presto – circa le 8 di mattina –, ma il sole in questi giorni sorge tardi.
Ferdinando Cotugno è stato anche ospite di Eugenio Cau in una puntata del podcast Globo del Post.
Immaginate un alcolista che dovrebbe smettere di bere al più presto – sai che non lo farà, allora provi a fargli promettere di smettere di bere tra un po’ di tempo. Ma neanche questo va bene e allora provi a fargli promettere di ridurre l’alcol o di fare il possibile per smettere di bere. E lui ti propone di valutare la possibilità di ridurre l’alcol tra un po’ di tempo.
La metafora è certamente imperfetta, ma penso che dia l’idea.
Che comunque l’uso del termine “algoritmo” non so quanto aiuterebbe a superare, vista la diffidenza generale verso tutto quello che è vagamente ricollegabile alla matematica.
Sì, pare un titolo da testata satirica e l’ipotesi è stata buttata lì su X/Twitter e Reddit, ma a prenderla sul serio è un media serio come ArsTechnica.
Caro Ivo, grazie per la citazione.
Concordo con te sul fatto che forse, le intelligenze artificiali saranno "solo" una funzione in più, inserita in dispositivi diversi. Specifico che non intendevo dire che dobbiamo abbandonare il nome "intelligenza artificiale", ma che quando lo utilizziamo, è bene ricordarsi che esso porta con sé un sedimento di significati ed emozioni che non hanno nulla a che vedere con ChatGPT e simili. Quindi certo, usiamolo. Ma con accortezza. Grazie ancora!