Questa newsletter può contenere tracce di intelligenze artificiali
La newsletter numero 108 dell'11 ottobre 2024
Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 108ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di Dostoevskij, Guerra e pace e computer, di supereroi e anche po’ di crisi climatica.
Ma prima una foto: Apple Music ha i testi di molte canzoni, inclusa la colonna sonora di Lo squalo.1
Dostoevskij avrebbe avuto un computer?
Mi piace quando il mondo congiura per gli argomenti di questa newsletter: negli ultimi giorni sono accaduti alcuni eventi, perlopiù slegati tra di loro, che mi forniscono materiale spero interessante per il pippone iniziale di questa newsletter.
Il primo evento è stata la lettura di un altro dei saggi di Asimov contenuti in Grande come l’universo, il cui fortuito ritrovamento nella vasta libreria di casa è stato descritto la settimana scorsa. Nell’aneddoto iniziale di “A cominciare dall’osso”, Asimov è intrappolato in una cena sociale alla quale avrebbe volentieri rinunciato e si ritrova a chiacchierare con un uomo d’affari che non ha idea di chi sia il suo interlocutore. E, come osserva Asimov cercando di contenere il suo ego, “non mi aspetto che tutti debbano necessariamente aver letto le mie cose, ma (…) mi aspetto che abbiano almeno un vago sospetto che io sono uno scrittore”. A ogni modo, appurato che sta parlando con uno scrittore di origine russa,2 l’uomo d’affari chiede ad Asimov se usa il computer. Siamo nel 1987, all’inizio dell’era del personal computer e immagino ci fosse una certa curiosità verso questo strumento. Ma nel caso dell’uomo d’affari, più che curiosità è diffidenza perché subito chiede se Asimov riuscirebbe a immaginare di poterne fare a meno e, incurante del suo “certamente!” di risposta prosegue:
Uomo d’affari: Riuscite a immaginare cosa sarebbe successo a Guerra e pace se Dostoevskij avesse avuto un computer?
Asimov: Proprio nulla, dato che Guerra e pace è un’opera di Tolstoj.
Avendo incontrato un simile bonehead (che sarebbe una cosa tipo “zuccone”, anche se per rendere il gioco di parole Maurizio Orlandi ha dovuto tradurre con “osso duro”), Asimov prosegue parlando di ossa. Io invece proseguo con il secondo evento di questi giorni: una medical writer, cioè una persona che scrive testi su temi legati alla salute perlopiù per aziende del settore, accusata dal datore di lavoro di aver usato una intelligenza artificiale. Il caso mi è stato riferito, quindi non conosco i dettagli della vicenda ma abbiamo tutti trovato l’accusa curiosa.3
Certo, ci può essere la preoccupazione verso le allucinazioni –quando una IA di inventa cose di sana pianta, il che potrebbe essere particolarmente sconveniente nel caso di testi relativi alla salute: metti che venga fuori che i sonniferi sono ottimi per affrontare un lungo viaggio solitario in auto –, oppure per lo stile troppo “standard” del testo prodotto, ma in entrambi i casi il problema non è tanto l’utilizzo di una intelligenza artificiale, ma la superficialità dell’essere umano che non ha rivisto correttamente forma e contenuti del testo.
Il sospetto è che l’azienda fosse seccata dalla possibilità che la collaboratrice ottimizzasse il suo lavoro senza vantaggi per il committente, il che mi pare assurdo ma coerente con una certa mentalità imprenditoriale. C’è però un’altra possibilità: la diffidenza del pubblico.
L’uomo d’affari incontrato da Asimov negli anni Ottanta non avrebbe mai letto un romanzo scritto al computer, probabilmente convinto che la vera scrittura sia solo con una macchina per scrivere se non addirittura a mano. Oggi sorridiamo all’idea di scrivere qualcosa senza usare un computer, per quanto alcuni autori cerchino di simulare l’esperienza “senza distrazioni” di una macchina per scrivere e in molti, me compreso, si trovino meglio a prendere appunto con carta e matita.
Col tempo ci abitueremo al fatto che quello che leggiamo possa essere stato scritto utilizzando una intelligenza artificiale – sul come viene utilizzata ci arriverò tra poco –, ma al momento no, c’è una certa diffidenza e giustamente un editore potrebbe decidere di “posizionarsi” sul mercato garantendo che i suoi testi sono prodotti senza l’impiego di intelligenza artificiali. Un po’ come i bollini “senza glutammato di sodio” o “senza olio di palma” che troviamo su certi prodotti alimentari: non è che garantiscano chissà cosa (il glutammato è innocuo e l’olio di palma viene spesso sostituito con prodotti altrettanto dannosi per la salute4), ma soddisfano una preoccupazione diffusa.
Certo, preferirei un bollino analogo al “fair trade”: io editore ti garantisco che pago regolarmente e con giusti compensi collaboratori e collaboratrici, ma questo è un altro discorso.
Ma poi, come viene utilizzata una intelligenza artificiale nella scrittura di un testo? Certo, posso chiedere all’IA di turno di produrre un testo fatto e finito, fare copincolla e pubblicarlo senza praticamente rileggerlo, o addirittura automatizzare il processo – e direi che è una pessima idea, salvo forse per casi tipo allerte meteo o terremoti e in ogni caso andrebbe dichiarato esplicitamente.
Ancora peggio prendere alcuni articoli di altre persone e chiedere all’IA di riscriverli in modo da renderli irriconoscibili: qui non basta dichiarare che si è fatto uso di una intelligenza artificiale, va proprio evitata una cosa che secondo me sarebbe da considerare plagio. Però posso caricare diversi articoli in una IA, in modo che le sue risposte siano basate su quei contenuti, e poi fare domande specifiche utilizzando le risposte per scrivere un articolo. I testi sui premi Nobel di questi giorni li ho scritti appunto così, prendendo l’ampia documentazione messa a disposizione dalla Fondazione Nobel più alcuni articoli da fonti di cui mi fido (come Il Post o Le Scienze)5 e ponendo domande a Claude.ai che nella versione a pagamento permette di creare dei dossier. Questo secondo me è un uso lecito dell’intelligenza artificiale, ma immagino che la si possa pensare diversamente.
Posso poi chiedere all’IA di darmi idee per un articolo (“Da cosa partiresti per parlare del Nobel per la fisica di quest’anno?”) o di sviluppare una traccia partendo da alcuni punti. Oppure posso farmi assistere su alcuni passaggi specifici (“Fammi un elenco di possibili applicazioni del microRNA”) e ovviamente utilizzarlo per la revisione del testo. Credo che casi di questo tipo non sollevino problemi, ma anche qui potrei sbagliarmi.
Intanto sempre in questi giorni ho dato la possibilità, agli studenti e alle studentesse del laboratorio di scrittura che tengo all’Università della Svizzera italiana, di fare un esercizio facendosi assistere da una IA generativa. Della trentina di frequentanti di questo turno, meno della metà ha usato (o meglio ha ammesso di aver usato) una intelligenza artificiale. L’unica IA utilizzata è stata ChatGPT con richieste generiche e, salvo due casi, senza chiedere ulteriori elaborazioni ma fermandosi al primo risultato: un utilizzo elementare che infatti non è stato molto proficuo.
Direi che la sfida non è evitare di usare le intelligenze artificiali, ma usarle non dico al meglio, ma almeno non al peggio.
Ah: questo testo è stato rivisto da una intelligenza artificiale, scoprendo alcuni errori di battitura e anche alcuni passaggi originariamente poco chiari.
In poche parole
Poche poche parole, in questa edizione: ahimé non ho avuto molto tempo per leggere cose interessanti. Inizio quindi, con modestia paragonabile a quella di Asimov, da cose che ho scritto io. Una intervista6 al geologo Mario Tozzi a proposito di crisi climatica eccetera – mi convince poco, non tanto quello che dice ma come lo dice, mi sembra liquidare con troppa semplicità le opinioni contrarie.
Più interessante quello che ha raccontato Gosia Wdowik,7 giovane drammaturga polacca a proposito del suo spettacolo e, in generale, della stanchezza di chi fa attivismo e non sembra ottenere nulla.
Ignoravo che, almeno negli Stati Uniti, la parola “supereroe” non fosse di libero utilizzo. Intendiamoci – e su questo forse l’articolo del Post potrebbe essere più chiaro – non è che fosse un problema dire o scrivere cose tipo “vorrei essere un supereroe”, la protezione dei marchi è molto specifica e riguarda ambiti commerciali. Resta il fatto che solo Marvel e DC Comics potevano presentare al pubblico i propri personaggi come “super eroi”, cosa abbastanza priva di senso visto che il termine è di uso comune. E infatti – ma c’è voluto qualche decennio – così ha stabilito lo USPTO, l’ufficio che negli Stati Uniti si occupa di registrare i brevetti e i marchi depositati.
Eugenio Cau ha incontrato Sami al-Ajrami, giornalista palestinese che per diversi mesi ha raccontato su Repubblica quello che accadeva a Gaza dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Per l’occasione il podcast Globo ha due versione, una con l’originale in inglese e una tradotta.
Due passaggi mi hanno colpito. Quando dice di aver deciso di non indossare più elmetto e giubbetto con la scritta “press” perché, anziché proteggerlo, lo rendevano un bersaglio e la risposta alla domanda sul sostegno di Hamas da parte della popolazione palestinese.
In pochissime parole
Una fastidiosa ma diffusa traduzione errata sulla felicità.
La storia sorprendente di come fu scoperta la vera causa dell’ulcera allo stomaco.
Sì, a volte mentre scrivo ascolto musiche da film: mi aiutano a concentrarmi, più di brani di musica classica che mi distraggono. Certo, con le colonne sonore c’è il problema che mi viene voglia di andare su YouTube a cercare le migliori scene di quei film.
Asimov nacque in Russia nel 1920 ed emigrò negli Stati Uniti con la famiglia quando aveva tre anni. In quello stesso passaggio, peraltro, scrive che Odessa è una città “della Russia sud-occidentale”, quando invece è in Ucraina, ma del resto all’epoca era ancora tutta Unione Sovietica.
Oltre che insidiosa perché è, a parte alcuni casi particolari, è difficile distinguere testi umani da testi generati da una IA il che è un problema se è la persona accusata a dover dimostrare la propria innocenza, cosa che spesso capita nelle relazioni lavorative.
Forse più rispettosi per l’ambiente, ma finché il discorso era limitato alle foreste pluviali la presenza dell’olio di palma passava perlopiù inosservata.
Ai quali peraltro sono abbonato, ma non credo che la cosa faccia molta differenza.
Link accessibile: archive.is/ovV35.
Link accessibile: archive.ph/nrvAi.
la capacità di trovare refusi di un'AI mi sembra ancora da migliorare, essendoci un "prosego"... (scrivere "è stato descritto settimana scorsa" è un pessimo milanesismo, ma immagino che l'AI sia stata addestrata con materiale simile, e taaac!)