Benvenuto!
Questa è la seconda edizione della newsletter e, al contrario della prima edizione, segnalerò gli articoli per tema senza stare a distinguere le cose scritte da me da quelle scritte da altri.
Prima però, una foto scattata lo scorso gennaio sul Monte Ceneri in Ticino. Intorno al sole si vede un alone, una sorta di arcobaleno circolare verosimilmente causato dalla presenza di ghiaccio negli strati superiori dell’atmosfera.
Dalla politica alla scuola guida
Il giorno delle elezioni italiane si avvicina e in molti hanno fatto quei test che, in base alle risposte a domande tipo “ti piacciono le centrali nucleari?” o “vuoi fermare l’immigrazione clandestina?” ti dicono quale posto occupi nello spazio politico e a quali partiti sei più vicino. Sulla posizione nello spazio politico non ho particolari dubbi – a parte magari prevedere domande un po’ più dettagliate della manciata che propongono alcuni test –, su quella dei partiti sì: siamo in campagna elettorale e non solo si fanno grandi (e vaghe) promesse, ma le si fanno per convincere quegli elettori che non è ancora sicuro che ti voteranno.
Da qui l’idea di prendere quei test e togliere di mezzo sia le elezioni sia i partiti, creando un’intelligenza artificiale che governi in base alle priorità aggregate dei cittadini. E se invece che per dei politici votassimo per un’intelligenza artificiale? è una modesta proposta sul modello di quella di Jonathan Swift: potrei dire “una provocazione”, non fosse che il termine è diventato un comodo alibi per spararla grossa. L’idea è mettere a fuoco un argomento nelle sue varie dimensione – perché, anche senza arrivare allo scenario immaginato, l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo sempre più importante anche in politica –, non certo proporre soluzioni.
Anche perché, allo stato attuale, una intelligenza artificiale sa fare molto bene un compito molto specifico; quando il compito è meno specifico va meno bene e quando il compito è generico è meglio avere un piano di riserva.
È il caso del linguaggio, come spiega molto bene Gary Marcus in un articolo della sua mailing list: Learning Language is Harder Than You Think, nel quale fa un interessante parallelo tra bambini e computer. È vero che noi umani impariamo a parlare con l’esempio degli adulti, ma l’apprendimento del linguaggio non è solo imitazione.
Un concetto simile lo ha espresso anche Alessandro Facchini dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale in un articolo pubblicato sul quotidiano laRegione:1 Macchine intelligenti o sofisticati pappagalli?
Sempre su laRegione, un altro docente dell’Università della Svizzera italiana, Paolo Tonella, ragiona sulle auto a guida autonoma e sull’importanza di prevedere “scenari di test estremi”, una sorta di esame di guida per le auto-robot.
Un po’ di letture interessanti…
Iniziamo da tre cose sulla pandemia.
La prima è un utile approfondimento su uno dei sintomi più invalidanti (e inquietanti) del cosiddetto Long Covid: la “nebbia del cervello” che non è semplice depressione o stanchezza come spiega il giornalista Ed Yong su The Atlantic.
È poi uscito uno studio che fa il punto sui lockdown e lo riassume, su Twitter, Massimo Sandal.
Terza segnalazione pandemica, ho fatto le pulci a una campagna dell’FDA, l’ente statunitense che si occupa (tra le altre cose) di farmaci, sui richiami dei vaccini.
Sapete cosa significano le parole copium e hopium? Se lo volete sapere, e fidatevi è interessante, lo spiega Licia Corbolante.
Chiudo questa sezione con altri articoli che ho scritto sul blog: il resoconto di una serata sulla giustizia e l’infosfera e una lunga citazione da un saggio di Mauro Barberis su democrazia e populismo (sempre utile in attesa delle elezioni).
… e per concludere un podcast
Mirabilia di Storvandre è un podcast “di storie straordinarie” al quale vale la pena iscriversi, ma qui consiglio un episodio in particolare: è di alcune settimane fa e si intitola L’uomo che si finse nero per amore. È la storia di Clarence King, geologo statunitense che disse di chimarsi James Todd e di avere un nonno nero – all’epoca questo bastava per essere considerati “coloured” – per potersi sposare con l’amata Ada Copeland.
Il mio nuovo datore di lavoro (l’Università della Svizzera italiana con l’Istituto Dalle Molle) e quello vecchio (laRegione) insieme!