Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 115ª edizione di una newsletter settimanale che torna dopo praticamente due mesi di pausa.
Oggi parlo di giustizia, di copertine e siringhe, di malaria e di interviste.
Ma prima una foto: nuvole e montagne.
Censura, autocensura, giustizia
A inizio dicembre avevo quasi pronta questa newsletter. Poi ho lasciato perdere e mi sono bloccato.
Cosa è successo? Non ero del tutto convinto di quello che avevo scritto. O meglio, ero convinto di quello che avevo scritto, ma non di come lo avevo scritto, con un parallelo tra due casi che inizialmente mi parevano collegati. Mi figuravo le obiezioni e non trovavo argomenti convincenti per ribattere. Ho sentito che il mio testo non avrebbe aiutato1 a fare chiarezza, ma anzi avrebbe creato maggiore rumore e confusione. E fare rumore è quello che considero uno dei principali problemi della nostra società.
Mi sono bloccato, incapace di andare avanti con la newsletter. Finora.
Ricominciamo, quindi, recuperando il tempo perduto (magari con qualche “edizione straordinaria”). In queste settimane sono successe tante cose, iniziando dalle ultime settimane di presidenza di Joe Biden e i primi giorni di Donald Trump che nelle sue prime ore ha firmato un certo numero di ordini esecutivi.2 L’uscita dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici mi preoccupa ma fino a un certo punto: credo che il percorso verso un’economia sostenibile e fonti di energia rinnovabili sia ormai tracciato e non si possa tornare indietro; certo si può rallentare, ma non è che prima di Trump si stesse esattamente correndo. Più preoccupanti l’uscita dall’OMS – Il Post ha un articolo ben fatto al riguardo, ma consiglio anche il commento pubblicato da Jama, la rivista scientifica dell’associazione dei medici statunitensi, e soprattutto le riflessioni di Katelyn Jetelina con dettagli sul finanziamento e il funzionamento dell’OMS3 – e le varie decisioni contro le politiche di inclusione che rischiano di peggiorare la vita di molte persone. Non che la situazione attuale (o per meglio dire passata) fosse perfetta: l’OMS ha i suoi problemi e lo stesso di può dire per molte iniziative DEI (Diversità, equità e inclusione), ma liquidare il tutto mi pare il classico caso del buttare via il bambino con l’acqua sporca.
Più interessante la questione della grazia concessa a oltre millecinquecento persone arrestate per l’assalto al palazzo del Congresso del 6 gennaio del 2021. Non che sia una sorpresa: lo aveva annunciato già a dicembre e del resto aveva anche definito le persone arrestate “ostaggi” e “prigionieri politici”. Non tutte, peraltro: 14 membri di due organizzazioni di estrema destra non sono stati graziati ma hanno avuto una semplice riduzione di pena (in altre parole: sono comunque liberi ma le accuse restano in piedi).
Poco prima delle grazie del presidente entrante, ci sono state quelle del presidente uscente: Joe Biden ha dato la grazia preventiva ai suoi parenti stretti e a varie persone sgradite a Trump. Si tratta di una grazia preventiva, vale a dire che riguarda reati che non sono ancora stati contestati e ci sono sensate obiezioni sulla validità di un simile provvedimento. Al di là delle valutazioni giuridiche, il senso di questa operazione è chiaro: evitare che queste persone subiscano la vendetta di Trump.
Il che mi pare ragionevole. Ritengo infatti probabile che Trump decida di colpire alcune di queste persone tramite “indagini prive di fondamento e politicamente motivate” (parole di Biden); ritengo anche possibile che sia dia seguito a questa sua decisione o addirittura la si voglia anticipare; ritengo invece improbabile che il sistema giudiziario americano arrivi a condannare degli innocenti così in vista (ma l’assoluzione potrebbe arrivare dopo anni di sofferenza).
Ritengo per contro che le persone condannate per i fatti del 6 gennaio non fossero affatto prigionieri politici, per quanto sia possibile che alcune pene non fossero proporzionate. Ma, mettendomi nei panni di una persona che li considera tali, qual è la differenza tra le grazie di Trump e quelle di Biden? Certo, la realtà dei fatti: da una parte persone che hanno attaccato un edificio pubblico per ostacolare la nomina del presidente vincitore delle ultime elezioni, dall’altra persone innocenti che rischiano processi pretestuosi. E la realtà dei fatti conta. Ma è proprio questo il problema: con le sue grazie preventive Joe Biden ci sta implicitamente dicendo che, nel sistema inquirente americano, la realtà dei fatti non contano ma è tutto in mano alla politica. Il suo intervento, apparentemente sensato e ragionevole, ci sta dicendo che le indagini sui reati sono tutte gestite in mano al potere politico e che, alla fine, dipende semplicemente dalla benevolenza del sovrano se in tribunale finisce chi è davvero sospettato di aver commesso reati e non chi semplicemente è sgradito al potere.
In poche parole
Negli scorsi giorni Internazionale ha avuto questa copertina:
La photoeditor Maysa Moroni ha raccontato, sul podcast della rivista (qui dal minuto 7 circa), come è stata scelta l’immagine. L’illustratore Edmon De Haro aveva mandato alcuni bozzetti per illustrare l’articolo principale, dedicato al farmaco Semaglutide. La “pennetta” (che credo si chiami “autoiniettore”) con cui di solito viene assunto il farmaco è stata esclusa perché poco riconoscibile, ma lo è stata anche la classica siringa, optando per il pillolone che si vede qui sopra. Scelta condivisibile: la belonefobia (cioè la fobia degli aghi) è abbastanza diffusa. Solo che il problema era un altro: la siringa avrebbe ricordato le vaccinazioni contro il Covid che evidentemente sono ancora un “argomento divisivo”.
A proposito della grazia di Joe Biden a suo figlio Hunter. Non è il primo caso di grazia presidenziale concessa a un parente. Ricordavo, prima che il tema tornasse di attualità, di un fratello di Bill Clinton (che ho poi ricostruito essere il fratellastro Roger).
Non avevo idea che anche Jimmy Carter avesse graziato suo fratello Billy e George H. W. Bush suo figlio Neil – ma non ne avevo idea non solo perché non sono esperto di cose americane, ma perché non sono mai avvenute. Eppure alcuni commentatori ne hanno riferito: su The Verge Elizabeth Lopatto ricostruisce cosa è verosimilmente accaduto: hanno chiesto a ChatGPT.
Una buona notizia che mi era sfuggita: il 20 ottobre l’Egitto ha ufficialmente eradicato la malaria. Come scrive l’OMS in un comunicato stampa, la diagnosi e il trattamento della malaria sono forniti gratuitamente a tutta la popolazione, indipendentemente dal loro status legale. Non credo sia necessario fare ulteriori commenti.
The Stanford Review, un giornale conservatore de-gli studenti dell’Università di Stanford, ha intervistato il presidente dell’università Jonathan Levin. Verso la fine dell’intervista gli viene chiesto qual è il più importante problema al mondo in questo momento. Levin risponde che “ci sono troppi problemi importanti per dare una sola risposta”. Questa la replica di chi ha condotto l’intervista:
Questa è una domanda a cui dobbiamo rispondere per poterci iscrivere qui.
Levin ha poi abbozzato con una supercazzola, peraltro attribuendola a un suo collega Premio Nobel per l’economia: considerare quello che si sta facendo come il problema più importante al mondo.
I morti in conflitti tra stati dal 1946 secondo Our World in Data.
Le cose vanno maluccio da un decennio (soprattutto in Medio Oriente, in Africa e negli ultimi anni anche in Europa), ma comunque meglio che negli anni Settanta, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno.
In pochissime parole
La vittoria di Trump su Harris è più risicata di quello che si pensava, per quanto riguarda il voto popolare. Dal punto di vista politico-istituzionale non cambia nulla, ma tutti noi resteremo ancorati all’informazione iniziale, quella di una ampia approvazione popolare.
Il Washington Post ha un lungo e interessante articolo sulle flow batteries: sono molto grandi e pesanti, ma questo non è un problema se le si vuole utilizzare per immagazzinare l’energia di fonti rinnovabili discontinue come solare ed eolico.
Nel suo piccolo, ovviamente: non pretendo che questa newsletter illumini le masse.
Che avrebbe senso chiamare in altro modo, ma ormai tutti li chiamano così e mi adeguo per chiarezza.
Vale la pena aggiungere, in nota, che l’uscita dall’OMS potrebbe essere una strategia per avere più potere negoziale all’interno dell’organizzazione. Un bluff, se vogliamo: io avvio la procedura di disdetta e voi o vedete il bluff, e mi lasciate uscire, o rilanciate. Un bluff, tra l’altro, che solo Trump si può permettere, visto che gli altri leader non potrebbero tornare sui loro passi senza perdere credibilità.
Mi ha molto colpito l'introduzione nel paragrafo descrittivo delle prime azioni di Trump. Effettivamente l'uscita dagli accordi di Parigi e dall'OMS mi inducono delle emozioni forti nei confronti dell'amministrazione Trump (che rimane urticante in ogni caso). la questione (però) mi fa riflettere sulla correttezza di queste due istituzioni. Al netto che le tesi scatenanti sono indiscutibili (clima pericoloso per l'umanità e salute per la stessa) mi pare che la "piega" che sta' prendendo l'umanità a livello geopolitico sia non più di stampo occidentale (qualunque cosa voglia dire). Credo che una ri disegnazione di queste cose tenendo fuori ideologie neo conservatrici (capitali fuffa non tangibili) sarebbe più corretto nei confronti dell'umanità stessa che non è e non vuole essere occidentale.
Ho letto oggi che la Lega di Salvini ha presentato una mozione per uscire a nostra volta dall'OMS. Glielo dite voi?