Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 26ª edizione della mia newsletter. Oggi parliamo di acqua che non c’è e di scienza, pseudoscienza, politica (dovrebbe suonare tipo “il buono, il brutto, il cattivo”).
Ma prima una foto:
Il mese di febbraio si è concluso, dove abito io, con una piccola nevicata. Del tutto ininfluente, come mostra questa cartina di MeteoSvizzera sulle precipitazioni di febbraio 2023:
Rispetto alla media degli ultimi trent’anni, in buona parte del territorio alpino ha nevicato o piovuto un terzo del solito.
Tra le conseguenze della scarsità d’acqua c’è anche l’aumento dell’inquinamento: le sostanze inquinante restano le stesse, ma si ritrovano diluite in meno acqua e quindi aumenta la concentrazione (immaginate di versare un cucchiaio di sciroppo in un bicchierino anziché in una bottiglia). Risultato? Lotti di riso ritirati perché contaminati dal cadmio.
L’origine del Covid è ancora un tema scientifico?
All’inizio della pandemia era abbastanza semplice, discutere dell’origine di SARS-CoV-2: c’era chi, partendo dalle informazioni a disposizione, puntava tutto su un caso di spillover, di passaggio da specie animali selvatiche all’uomo; e c’era chi senza prove sparava teorie incoerenti (tipo “è un’arma biologica supersegreta, guardate questo servizio del telegiornale del 2015 che ne parla”).
Certo, qualche cautela era comunque opportuna visto che, appunto, le informazioni a disposizione non erano molte e la Cina non era molto collaborativa. Vado relativamente fiero di non aver scritto, in un articolo del marzo 2020, che il Covid è di origine naturale, ma che “Tutte le prove di cui disponiamo indicano che il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 è di origine naturale”.
Adesso è tutto più complicato. Perché abbiamo più informazioni a disposizione (e quelle che non abbiamo, dopo tre anni, assumono un peso diverso). Ritengo che l’ipotesi spillover sia ancora la più probabile, ma mentre prima ne ero quasi certo, adesso qualche dubbio c’è. Diciamo che da un 99% sono passato a un 70-80% (percentuali indicative, ovviamente); l’ipotesi “arma biologica” tendo sempre a escluderla, ma lo scenario “virus trovato in natura, studiato ed eventualmente mutato in laboratorio e poi sfuggito” non è da scartare.
Ma la cosa è più complicata perché ormai il tema è solo in parte scientifico. Le pressioni politiche ci sono sempre state, e fin dall’inizio hanno reso difficile indagare sulle origini del Covid, ma nelle ultime settimane la cosa ha fatto un salto di livello. Un rapporto del Dipartimento dell’energia statunitense ha concluso, con “scarsa affidabilità” (low confidence) che il Covid abbia avuto origine da un incidente in un laboratorio cinese; il capo dell’FBI è della stessa opinione, mentre altri enti governativi USA dissentono. Qui un articolo del Post che riassume un po’ di cose.
Non sembrano esserci nuovi elementi: perché tanto spazio a queste dichiarazioni? Il motivo più che scientifico e politico e ha ragione la Cina a dire che il tema non dovrebbe essere politicizzato – non fosse che son le autorità cinesi ad aver iniziato il gioco, pure facendo disinformazione insinuando che sì, il Covid sarebbe fuoriuscito da un laboratorio, ma era un laboratorio USA.
Con questi sviluppi, direi che non c’è niente di interessante da vedere, qui:
Scienza e pseudoscienza occidentali, Roald Dahl, equilibri internazionali
In Nuova Zelanda si è deciso che la “scienza occidentale” e il “sapere Maori” (Mātauranga Māori) devono avere pari dignità nei programmi scolastici. Non ho approfondito il tema: mi sono semplicemente imbattuto in questo articolo di denuncia di Richard Dawkins su The Spectator.
Può essere che Dawkins esageri un po’ con i toni, ma ha comunque buoni argomenti quando sottolinea l’universalità della conoscenza scientifica – il che comunque non toglie che il sapere scientifico attuale sia molto occidentale e possa essere opportuno ripensarne alcuni aspetti. Dawkins ad esempio attacca il concetto di animismo che però conosce un interessante, e non necessariamente antiscientifico, revival (ne avevo accennato in una precedente newsletter).
Restando in ambito scientifico, sul Foglio Enrico Bucci scrive di epigenetica partendo dalle tante corbellerie che si leggono in giro. Come spesso capita, si usano idee scientifiche solide (o quantomeno di cui si conoscono i limiti) come fondamento per costruire castelli in aria. E non parliamo solo di ardite speculazioni – che potrebbero anche starci, ma qui ovviamente parla il filosofo – ma di vere e proprie truffe: è il caso appunto dell’epigenetica che da arricchimento delle nostre conoscenze su come interagiscono DNA e ambiente (la lascio sul generico, ma Bucci spiega diverse cose) diventa foglia di fico per vendere metodi con cui il nostro pensiero potrebbe modificare il DNA.
Nell’ultima edizione facevo un elenco di domande interessanti sul caso Roald Dahl (con i testi modificati per adattarsi alla sensibilità moderna). Michelle Smith affronta alcuni di questi interrogativi su The Conversation e l’articolo merita una lettura. Soprattutto perché mette in luce cosa potrebbe accadere se decidiamo di ignorare il problema: la scomparsa di quei testi dalle letture abituali dei ragazzi.
Il New York Times ha pubblicato un interessante articolo, con molte infografiche, su come sono cambiati gli equilibri internazionali dopo l’invasione dell’Ucraina. Il titolo dice molto: “The West Tried to Isolate Russia. It Didn’t Work”.
Altra mappa interessante, quella sull’origine dei set di dati usati per addestrare le intelligenze artificiali. Potreste avere l’impressione che gli USA siano sovrarappresentati. Ed è solo uno dei problemi:
Restando in tema “intelligenze artificiali”, si inventano cose anche quando traducono.
Un annetto da Erin Brockovich – sì, quella del film – ha raccontato sul Guardian la storia di come la Chevron non solo abbia inquinato la foresta amazzonica e si sia rifiutata di pagare i risarcimenti stabiliti da tribunali nonostante i tentativi di addomesticare le sentenza, ma abbia pure fatto incriminare l’avvocato che rappresentava i diritti delle popolazioni amazzoniche danneggiate dall’inquinamento. Steven Donziger si è fatto qualche anno di arresti domiciliari.
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Ci leggiamo tra sette giorni.