Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 97ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di Trump, di barche elettriche, di Taylor Swift e di palline da tennis.
Ma prima una foto:
Immagino che, come per tutte le scritte simili, ci sia un qualche doppio senso che non colgo – ma mi piace anche l’idea di una persona che ha davvero perso il tappo di una bottiglia di plastica, viste le polemiche sulla norma europea che impone tappi non staccabili. Cosa che personalmente trovo comoda1 – e mi spiace che alcuni produttori svizzeri abbiano deciso di rinunciarvi –, ma capisco che per alcuni sia una scomodità; quello che non capisco è trasformare una più che sopportabile scomodità, legata oltretutto a un obiettivo difficilmente contestabile, in un Grande Tema di Dibattito.
La crisi dei media, vecchi e nuovi
Questa edizione della newletter arriva alcuni giorni dopo il tradizionale venerdì: mi spiace, finora ho sempre cercato di essere puntuale o comunque di contenere il ritardo in qualche ora. Non so come mai, ma nei giorni scorsi non riuscivo a trovare la concentrazione necessaria a scrivere. Misteri della mente umana – o almeno della mia mente.
Guardando il bicchiere mezzo pieno, ho la possibilità di scrivere dell’attentato a Donald Trump avvenuto nella notte tra sabato e domenica (per noi europei), quindi dopo il teorico invio di questa newsletter.
Su questa vicenda stanno fiorendo numerose fantasie di complotto, da quelle della messa in scena voluta dallo stesso Trump per fini elettorali – sembra ci sia un romanzo umoristico degli anni Settanta, Macaluso alla Casa Bianca di Italo Terzoli, che descrive un finto attentato del genere2 – a un piano dei servizi segreti per far fuori l’avversario scomodo.
Credo che nessuno si possa stupire di questo florilegio di ipotesi fantasiose – nel senso di basate su pochi elementi concreti. Il mio approccio è di cauto scetticismo: la politica statunitense è certamente un ambiente ideale per cospirazioni e complotti reali, ma il piano mi pare troppo rischioso sia che si volesse favorire Trump sia che lo si volesse eliminare. Quando alla facilità con cui l’attentatore si è avvicinato, armato, al palco, applico il Rasoio di Hanlon:3 “Mai attribuire a malafede quel che si può adeguatamente spiegare con la stupidità“. E peraltro i Secret Service – che non sono i servizi segreti ma l’agenzia che si occupa della sicurezza dei politici in vista e almeno un importante giornale è cascato nell’errore – erano già da tempo sotto accusa.
Non ho le competenze per fare previsioni sulle conseguenze di questo attentato – e sospetto che anche chi le abbia non sia al momento in grado di farlo.
Mi ha quindi stupito l’enfasi con cui è stata annunciata questa notizia. Che certo è importante, si merita lo spazio che ha ricevuto ma non sono affatto sicuro che “entrerà nei libri di storia”, “adesso cambierà tutto” eccetera.
Gli atti di violenza contro i politici – negli Stati Uniti e non solo – sono relativamente comuni: a stupire non è che qualcuno abbia cercato di sparare a Trump, ma che ci sia riuscito mancandolo di poco. L’accaduto quindi non cambia di certo la nostra percezione del contesto sociale statunitense o occidentale.
Cambia qualcosa per l’esito delle elezioni? Intanto Trump, se il candidato democratico continuerà a essere Biden, era già favorito prima dell’attentato. E poi mancano diversi mesi alle votazioni: quando si andrà effettivamente a votare l’attentato di luglio sarà un pallido ricordo. E quanti pensavano che una seconda presidenza Trump sarebbe stata una sciagura e hanno cambiato idea perché è sopravvissuto a un attentato? Questi eventi possono magari contare qualcosa per i cosiddetti “indecisi”; ma spulciando alcuni sondaggi questi indecisi sono al massimo il 5% e certo, ogni voto conta, ma dubito che la situazione sia cambiata così tanto, dopo l’attentato.
C’è anche un precedente storico – e sospetto più d’uno –interessante: nel 1912, quando mancava meno di un mese alle elezioni, John Schrank sparò a Theodore Roosevelt – anche lui, come Trump, candidato da ex presidente non in carica –, ferendolo. A novembre fu eletto Thomas Woodrow Wilson.
Poi magari questo attentato diventerà la base della retorica di Trump, il modo in cui giustificherà le sue decisioni politiche – ma anche in questo caso, a fare la storia più che l’attentato in sé saranno le scelte di Trump.
Oltre al futuro della politica statunitense, l’attentato ha alimentato le discussioni sul futuro dei media.
L’annuncio della morte della carta stampata è un classico, di fronte ad avvenimenti della tarda notte che, per questioni di orario, i quotidiani non hanno se non in breve. Credo sia così grosso modo da quando esiste la radio e penso si possa concludere che se la carta stampa è in crisi, non è per quello.
Seguendo un po’ le notizie sull’attentato, direi che la contrapposizione, più che tra quotidiani cartacei – che poi ormai hanno tutti delle versioni digitali che possono essere aggiornate in tempo reale – e nuovi media, è tra due idee diverse di informazione.
La prima è quella caotica del “pubblichiamo tutto quello che si viene a sapere, poi vediamo”; la seconda è invece quella del dare solo le informazioni verificate, riportando quello che si sa con sicurezza ed evitando di affermare quello che ancora non è certo (o almeno evidenziando il livello di sicurezza4).
Certo, la verità – usiamo pure questo termine così impegnativo – arriverà prima con l’approccio “pubblichiamo subito senza verifiche”, ma ci arriverà con poca o nessuna giustificazione e circondata da una marea di informazioni false che sarà dura togliere di mezzo.
Mi ha fatto sorridere – ma forse dovrei piangere di disperazione – vedere Elon Musk sfottere i “legacy media”, accusandoli di propaganda perché semplicemente si sono limitati a pubblicare quello che si sapeva per certo al momento, quando su Twitter,5 che Musk in diverse occasioni spaccia per una piattaforma di informazione, un giornalista e youtuber romanista veniva identificato come l’attentatore.
Per quanto mi riguarda, l’attentato a Trump ha decretato la morte non della carta stampata, mai dei social media come fonte d’informazione, evidenziando invece l’importanza di testate – analogiche o digitali che siano – attente a quello che pubblicano.
Spero che questa conclusione non sia solo mia, ma non mi illudo che sia condivisa dalla maggior parte delle persone.
In poche parole
Mia figlia, grande fan di Harry Potter, mi ha fatto notare una possibile incongruenza nei romanzi. Se a Hogwarts, a causa della magia nell’aria, non funzionano le apparecchiature elettroniche, com’è che Colin Creevey (Canon nella vecchia traduzione) riesce a usare la sua macchina fotografica? Spiegarle la “magia”, fatta tutta di meccanica, ottica e chimica, di una macchina fotografica non digitale è stato bellissimo.
Nei giorni scorsi ho finito di montare il fuoribordo elettrico del mio barchino a vela. Un annetto fa – sì, ci ho messo un po’, poi vi lamentate di qualche giorno di ritardo della newsletter – ho dovuto rinunciare al motore a benzina per una perdita d’olio.
Ho così pensato di prenderne uno elettrico, con una batteria alimentata da due pannelli solari (che sono stati la cosa più lunga da montare). Ho un po’ meno spinta del 6 cavalli a benzina che usavo prima, ma comunque sufficiente per entrare e uscire dal porto anche affrontando un po’ di vento contrario; dovrei avere un paio d’ore di autonomia (e un paio di giorni di sole per ricaricare completamente la batteria), quasi sovradimensionati per l’utilizzo che faccio del motore (e per le dimensioni del Lago di Lugano) e in ogni caso posso aggiungere una seconda batteria.
Ci guadagno un aggeggio più piccolo e leggero, immensamente più silenzioso e anche più facile da accendere: schiacciare un bottone nella centralina contro la cordina di avviamento che non lo fa mai partire al primo colpo.
L’aeroporto di Malpensa è stato intitolato a Silvio Berlusconi e posso capire che per una parte della popolazione questa scelta sia opportuna. Quello che capisco meno è perché l’altra parte della popolazione, che non è proprio minoritaria e che considera questa scelta inaccettabile, non conti nulla: ero rimasto che sulle questioni controverse fosse opportuno astenersi in attesa di un giudizio davverto condiviso, anche quando si è convinti di aver ragione.
L’economia è una scienza?
Credo di sì, però a volte mi viene da dubitarne. In un peraltro interessante articolo sull’impatto economico dei concerti di Taylor Swift, prima leggo che, nel valutare gli effetti positivi sul territorio, il lavoro delle persone dipendenti non conta perché “avrebbero percepito comunque uno stipendio a prescindere dal concerto di Swift”. Però tra gli effetti negativi dei concerti, all’improvviso il lavoro dipendente conta perché “i vigili urbani che si occuperanno del traffico vicino a San Siro dovranno essere tolti da altre attività, o gli dovrà essere pagato lo straordinario, così come le forze di polizia destinate alla sicurezza della zona, o il lavoro dei funzionari pubblici che hanno lavorato ai permessi per il concerto”.
In pochissime parole
Una mia recensione6 di Fly me to the Moon con Scarlett Johansson e Channing Tatum. In breve: mi è piaciuto, sia dal punto di vista cinematografico sia “scientifico”.
Una questione di metodo nello studio dei fenomeni paranormali.
Il senso dell’orientamento non è tanto una qualità innata.
Perché le palline da tennis sono gialle? C’entrano la tv a colori e il grande naturalista e divulgatore David Attenborough.
Peraltro proprio ieri, bevendo da una bottiglia europea, il tappo si è staccato con la semplice pressione della guancia – cadendo per terra con mio sommo disappunto.
Il romanzo, fuori commercio, è stato segnalato in un gruppo chiuso su Facebook.
Il rasoio di Hanlon è uno dei punti di un mio articolo al quale tengo molto, una piccola guida ragionata al pensiero unico.
Il principio di Hume che “un uomo saggio proporziona la sua credenza all’evidenza” vale anche, e direi in particolar modo, per il giornalismo.
Non sono ancora pronto a chiamarlo X.
Link accessibile: archive.is/wip/2OnO2.
da ragazzo avevo anche letto Macaluso alla Casa Bianca. Non ricordo l'attentato ma solo qualche scena iniziale e finale, col neopresidente che sta per invadere Cuba e il vecchio boss mafioso pronto a seguirlo per andare a fare affari.