Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 16ª edizione della mia newsletter. Oggi parliamo di bufale, di bias cognitivi, della risata di Babbo Natale e di come aggiornare Wikipedia.
Ma prima una foto: l’inaugurazione di un murales dedicato a Piero Angela1 a Nichelino (ne parla brevemente Andrea Ferrero su Twitter).
(Non posso fare a meno di ammirare quel cartello di divieto di sosta).
Antivigilia
Quando, ormai qualche mese fa, avevo deciso di far uscire questa newsletter il venerdì non avevo pensato di guardare le date delle festività invernali e così eccoci con una newsletter l’antivigilia2 di Natale e le prossime a ridosso di Capodanno e il giorno dell’Epifania. Non ho comunque intenzione di sospendere il nostro appuntamento settimanale, anche se preparatevi, fedeli lettori, a qualche edizione un po’ più stringata, anche perché in questo periodo ho in cantiere due impegni che mi prendono diverso tempo.
Una di queste è a tema fake news. Ed è impressionante confrontare quanto ne discutiamo con quanto poco ne sappiamo. Per dire: non abbiamo neanche una definizione condivisa e già l’utilizzo del termine è controverso: c’è chi – e con buoni argomenti – preferisce parlare di “bufale”, chi di disinformazione o misinformazione (quest’ultima sarebbe la disinformazione che non ha scopo di ingannare) eccetera.3 Una fake news deve essere necessariamente falsa per essere una fake news? Deve fuorviare le persone? Deve presentarsi come un contenuto giornalistico legittimo o conta anche la cavolata che un tizio qualsiasi condivide online?
C’è poi tutto il discorso sugli effetti: sono davvero efficaci nel farci cambiare idea? O gli effetti sono perlopiù modesti e alla fine sono rare le occasioni in cui le fake news possono fare la differenza? E ha senso affrontarle quando si sono già diffuse o meglio lavorare sulla prevenzione delle prossime bufale?
Le mie risposte, molto provvisorie, sono: definiamole come ci pare, basta che mettiamo in chiaro cosa intendiamo (e per quali scopi ci serve quella definizione); forse non sono poi così efficaci sul singolo caso ma portano a una sfiducia generalizzata verso l’informazione; meglio la prevenzione ma teniamoci le analisi delle bufale almeno come riferimento.
Un libro che sul tema ho trovato interessante sul tema è La disinformazione felice di Fabio Paglieri.4
Chiudo questa parte della newsletter con i bias cognitivi che non possono mancare in ogni analisi sulle fake news e che vengono quasi sempre indicati come quei difetti della mente che fanno sì che alcuni gonzi credano a tutto. Non è proprio così, come ci ricordano Roberto Cubelli e Sergio Della Sala sul sito del CICAP:
Per comprenderli, è opportuno ricordare che i bias cognitivi non sono fenomeni patologici conseguenza di anomalie o disfunzioni, sono parte integrante del funzionamento del sistema cognitivo che si rivela anche attraverso di essi. Non sono deviazioni dalla norma, sono la norma. Non sono manifestazioni occasionali e marginali, sono l’espressione di meccanismi mentali che guidano le scelte e le azioni nella vita quotidiana.
E ovviamente non possiamo non citare Twitter che dopo l’acquisto da parte di Elon Musk non sembra più avere il contrasto alle fake quale priorità.5 ValigiaBlu ha tradotto – lasciatemelo dire un po’ da cani – un testo di Micah Sifry in cui si approfondiscono un po’ di cose, iniziando dai cosiddetti Twitter Files su cui si stanno scatenando diverse fantasie di complotto. C’è un passaggio che mi ha messo un po’ di tristezza, a proposito del tentativo di inguaiare Joe Biden con materiale compromettente sul figlio Hunter:
Donovan e altri ipotizzano che "i nudi di Hunter non hanno avuto nemmeno lontanamente la stessa consistenza (scusate l'ambiguità) delle accuse di Pizzagate contro la Clinton [perché] a) Hunter era un uomo e quindi più difficile da odiare per /pol/, e b) appariva come un uomo virile che andava a letto con donne sexy, il tipo di maschio alfa che gli anon aspiravano a essere".
A Twitter è anche dedicato un episodio del podcast Globo realizzato dal Post. L’ospite è Stefano Quintarelli e dice molte cose interessanti sulla figura di Elon Musk; il moderatore Eugenio Cau è un po’ fastidioso nel suo ruolo di innamorato deluso di Musk (e non conosce la serie tv Spazio 1999; pensavo che Il Post selezionasse meglio i suoi giornalisti).
Una risata ci seppellirà e altre cose
In inglese c’è questa cosa che “Santa” nel senso di “Santa Claus” (Babbo Natale”) è anagramma di “Satan” e sospetto che quei burloni di The Conversation siano partiti da qui per un anomali pezzo natalizio: l’ambiguità della risata che può essere rassicurante come quella Babbo Natale o diabolica. A metà strada tra Santa e Satan ci stanno i clown.
Siete convinti che nella giornata più corta il sole sorga più tardi e tramonti più presto? Non è così.
Una mappa concettuale sui nomi dei prodotti di Apple (da guardare su un computer con schermo grande).
La storia delle scrittrice che si è dovuta far intervistare per cambiare Wikipedia.
Avete letto del gigantesco acquario esploso a Berlino? Per cosa dovremmo essere più dispiaciuti?
Questa edizione della newsletter finisce qui; se vi è piaciuta potete consigliarla o condividerla con altre persone…
… e volendo potete anche fare una piccola donazione offrendomi una tazza di tè virtuale:
Ci leggiamo tra sette giorni.
Ieri Piero Angela avrebbe compiuto 94 anni.
Sono il solo che usa la parola “antivigilia”?
Sono il solo a mettere due volte due punti nella stessa frase?
Grosso modo come un serial killer non ha a cuore la salute delle proprie vittime.