Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 110ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi racconto un po’ del mio lavoro, poi la bellezza delle specie in pericolo, una cosa sul clima e la pace e come l’inglese cambia gli apostrofi.
Ma prima una foto: un convegno di germani reali.
Confesso che mi ha stupito vederne così tanti tutti insieme, senza motivazione alimentari (insomma, senza che qualcuno avesse dato loro del pane), ma del resto non passo – purtroppo – le giornata in riva al lago e mi una persona esperte in cose di animali e natura mi dice essere normale.
La cosa mi ispirerebbe un lungo discorso sugli animali sociali – ma mi limito a un link.
Prima di cominciare, un piccolo “messaggio di servizio”, soprattutto per chi si è iscritto da poco: anche questa edizione della newsletter è un po’ diversa dal solito; nell’ultima settimana ho avuto poco tempo per cazzeggiare leggere e ascoltare cose, per cui il pippone iniziale è un po’ più personale del solito (ma spero comunque interessante) e anche la parte di segnalazioni è un po’ più povera di quello che mi piacerebbe fare.
Di giornalismo, attivismo e affermazioni reboanti
Sono un giornalista.
Lo sono perché, banalmente, ho un contratto e una tessera di una associazione professionale che dicono questa cosa, ma ovviamente “essere un o una giornalista” non ha solo questo significato neutro. A seconda dei contesti, si oscilla infatti tra l’ideale del cronista che lotta per la verità contro i potenti all’immagine dello scribacchino che il potere costituito lo difende in continuazione. Insomma il cane da guardia della democrazia o il cagnolino da compagnia del governo.
Personalmente e senza troppa retorica, certo di impostare il mio lavoro dal punto di vista di chi leggerà quello che scrivo, con l’idea di raccontare quello che dovrebbero conoscere.1 Anche perché buona parte del mio lavoro consiste nel presentare eventi o iniziative culturali – una cosa che ritengo importante e nella quale cerco applicare un po’ di spirito critico, ma che è certo lontana dall’inchiesta sul Watergate.2
Che cosa intendo con “spirito critico”? Principalmente fornire le informazioni di contesto – e tra le informazioni di contesto ci sono anche le ambizioni e gli obiettivi di chi quell’evento lo ha organizzato. Perché c’è chi, esempio a caso, organizza una mostra di arte contemporanea sapendo benissimo che alla maggior parte delle persone “non dice niente” e fa del suo meglio per dare gli strumenti necessari alla comprensione, consapevole che comunque la maggioranza delle persone che andranno a visitare quella mostra ha quantomeno un interesse per quelle cose strane che fanno oggi le artiste e gli artisti.
Ma c’è anche chi ti dice di aver esplorato inedite modalità comunicative perché finora nessuno è riuscito a ottenere i risultati che io invece sono certo di raggiungere. Salvo poi presentare qualcosa che, per quanto fatto bene, non ha nulla di particolarmente originale. E questo purtroppo non è un esempio a caso, ma mi è successo recentemente con un “festival diffuso”, ovvero una serie di eventi che nei prossimi mesi saranno dedicati al cambiamento climatico. Che tipo di eventi? Alcune mostre, una conferenza3 con Luca Mercalli e una rassegna cinematografica. Tutte cose ben studiate, ma nulla di rivoluzionario – anzi, tutto abbastanza tradizionale – o che possa ampliare più di tanto la consapevolezza verso il cambiamento climatico, tenendo conto che queste iniziative immancabilmente raggiungono persone perlopiù già convinte.
Visto che il tema della crisi climatica mi sta particolarmente a cuore, non sono stato particolarmente tenero4 nello scrivere di questo progetto. Anche se in realtà sarei potuto essere molto più cattivo, facendo ad esempio notare la curiosa coincidenza di una serie di eventi sul clima nei quali si accenna appena al sistema economico basato sul bruciare carbone e petrolio e il fatto che il promotore sia un imprenditore nella “industria dei beni di consumo”, come si legge nella sua scheda biografica. Imprenditore che nel suo voler raggiungere l’obiettivo di “dare una visione d’insieme sulla complessa tematica dei cambiamenti climatici” (cito dal comunicato stampa) vuole “evitare i due estremi” “del negazionismo e dell’attivismo” (qui cito direttamente lui).
Credo che questo sia un aspetto importante al quale vorrei qui dedicare qualche parola in più. Intanto è una stronzata, mettere sullo stesso piano negazionismo e attivismo, e lo è anche se con “attivismo” ci riferiamo solo le manifestazioni più di disturbo (che comunque sembrano funzionare).5 Da un lato abbiamo persone che negano la realtà con dubbi surrettizi, dall'altro chi, partendo dalla conoscenza di quella realtà, si batte per cambiarla: al massimo potresti confrontare gli attivisti con chi sostiene che non sia necessario fare granché, per contrastare i cambiamenti climatici, basta adattarsi sperando in qualche tecnologia avveniristica.
Detto questo, è legittimo occuparsi di clima senza essere né negazionisti (anzi, direi che è un dovere) né attivisti. Anzi, a dirla tutta mi riconosco proprio in questa idea: come giornalista, credo che il mio ruolo sia raccontare quello che accade, dando tutti gli elementi per giudicare e prendere posizione. Anche in situazioni dove, vista la situazione, l’unica posizione sensata è appunto quella di fare qualcosa.
In poche parole
La bellezza delle specie influenza le strategie di conservazione? si chiedono su Radar Leonardo Dapporto, Mariagrazia Portera e Simona Bonelli. La risposta è ovviamente “sì”.6 Meno ovvia la risposta alla domanda seguente: è un problema?
La mia risposta –che mi sembra in linea con quella di chi ha scritto l’articolo – è che il problema più grosso sarebbe non rendersene conto. Per questo è importante ricordarsi che l’obiettività scientifica è un ideale che troviamo solo nel mondo delle idee.
Sempre a proposito di clima: ho intervistato7 Grammenos Mastrojeni, segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo. Interessante come, anche nella conferenza che ha tenuto a Mendrisio,8 abbia sottolineato che il riscaldamento globale porta a tensioni geopolitiche, ma al contempo porti a collaborazioni e progetti comuni almeno a livello di Mediterraneo.
In pochissime parole
L’inglese ci condiziona, non solo nelle parole ma anche negli aspetti “grafici” come apostrofi, trattini eccetera.
Raggi laser spaziali e le altre fantasie complottiste sull’uragano Milton
Piraña di Joe Dante – non una recensione, ma l’analisi di un doppiaggio come oggi non se ne fanno più.
Come la Preistoria può aiutarci ad affrontare la crisi climatica.
Sul concetto di “dover sapere” magari ci torniamo un’altra volta.
C’è un bel podcast di Luca Sofri su questa vicenda.
Durante la conferenza stampa di presentazione l’organizzatrice ha detto che “non sarà la solita conferenza, perché sarà in dialogo con me”. La nuova modalità comunicativa è una giornalista che fa delle domande a un esperto. Da notare che Luca Mercalli ha fatto uno spettacolo nei teatri con al Banda Osiris, cosa che pur non essendo una novità assoluta – e non credo che sia neanche stata annunciata come tale – è comunque meno scontata di un dialogo.
Link accessibile: archive.is/iLNqM.
Potremmo anche discutere su cosa sia il negazionismo, ma di nuovo ne parliamo un’altra volta.
Contraddicendo la regola giornalistica che quando c’è una domanda in un titolo, la risposta è no.
Link accessibile: archive.is/iLNqM.