Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 55ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni; oggi parliamo di mummie aliene, di altri antropoceni, di 11 settembre e di abaya.
Ma prima una foto, scattata lunedì scorso vicino casa:
Qualcuno ha avuto un fine settimana movimentato – e immagino un conto salato da un carrozziere.
Sarebbe bellissimo avere una mummia aliena
Ieri pomeriggio mi hanno intervistato per Radio Ticino – ma è stata più una chiacchierata – sulle presunte mummie aliene presentate al parlamento messicano.1
Qui non mi soffermo più di tanto sulla notizia: si tratta di due corpi di esseri di insolito aspetto che l’ufologo e giornalista messicano Jaime Maussan afferma di non essere di origine terrestre. Un buon riassunto della faccenda lo ha scritto Giuseppe Stilo su Query online mentre una discussione più approfondita la si trova su Metabunk.
Come ho approcciato il tema? Innanzitutto dicendo che sarebbe bellissimo se fosse vero. Cioè, dai: non solo la prova che esiste vita aliena, ma anche che è intelligente, che sa fare viaggi interplanetari e che è stata sulla Terra già un millennio fa!
Però per sostenere affermazioni straordinarie servono prove straordinarie,2 e qui non abbiamo niente di straordinario, come peraltro hanno notato anche persone convinte che gli alieni esistano.
L’ufologo Jaime Maussan aveva già presentato un presunto corpo alieno, rivelatosi in realtà molto umano, e poi quelle mummie paiono uscite dalla serie classica di Star Trek con i suoi improbabili alieni. Altra cosa che mi ha colpito: ci sarebbe un 30% di DNA sconosciuto. Che se fosse un alieno dovrebbe avere il 100% di DNA sconosciuto, o meglio ancora non avere il DNA ma qualcosa di diverso.
Insomma, quella di alieni incredibilmente simili alle specie terrestri che precipitano sulla Terra un millennio fa non è la migliore spiegazione possibile. Più facile trovarsi di fronte a una truffa oppure a un autentico reperto della civiltà Inca che non abbiamo capito. Il che sarebbe sarebbe una cosa bellissima quasi quanto il ritrovamento di corpi alieni. E qui arriva un po’ di amarezza: la storia degli alieni rischia di ostacolare una scoperta potenzialmente interessante.
A proposito di corpi: intervistata dal Corriere della Sera, la filosofa Francesca Rigotti sostiene che questo termine indica esclusivamente i corpi di persone vive. Non ho trovato riscontri a questa affermazione, ma la riflessione che fa è ugualmente molto interessante:
L’uomo e l’antropocene
Per laRegione Federico Franchini ha intervistato l’antropologo Geremia Cometti3 su come la crisi climatica viene vissuta dalle popolazioni indigene. In questo caso si parla soprattutto dei Q’eros, un gruppo che abita in alta quota sulle Ande peruviane. Già qui qualche perplessità: ci siamo noi che viviamo in un ricco Paese europeo e poi i Q’eros; vero che in un’intervista su un giornale non è che si possa parlare di tutto, però ecco, qualche parola su come affronteranno, o meglio subiranno, la crisi climatica le popolazioni non indigene del Sudamerica l’avrei spesa.
Ma la parte che più mi ha lasciato perplesso è un’altra:
La maggior parte dei Q’eros interpreta infatti il cambiamento climatico come il risultato dell’abbandono di alcuni riti a favore delle loro divinità – gli Apu (spiriti delle montagne) e la Pachamama (Madre Terra). In questo caso, la dicotomia natura-cultura su cui si basano gli studi convenzionali sugli effetti del cambiamento climatico non rende conto del modo in cui i Q’eros rappresentano il cambiamento climatico.
Posso essere d’accordo con l’auspicio di superare il dualismo tra natura e cultura, o almeno di concepire altri modi di leggere il mondo. In un altro punto dell’articolo si cita un caso interessante di questo “altro modo di leggere il mondo”, cioè il riconoscere una qualche forma di soggettività (e quindi di diritti) a un fiume. Ma se la conclusione diventa che il riscaldamento globale è un problema di riti non più svolti in maniera corretta – beh, i Q’eros semplicemente si sbagliano e non far notare l’errore è secondo me un atteggiamento paternalistico, assimilabile al lasciare credere a un bambino che esiste Babbo Natale.
Due volte l’11 settembre
Lunedì scorso era l’11 settembre, ma in un certo senso ce ne sono stati due, di 11 settembre: quello dei cinquant’anni dal golpe di Pinochet e quello di non so quanti anni dagli attentati a Torri Gemelle e Pentagono.4
La mia esperienza online è stata molto strana – e certamente parziale, non dico che quello che sto per raccontare abbia una qualche validità universale. Da una parte ho visto gente ricordare la morte di Allende sottolineando la complicità5 degli Stati Uniti, perché è giusto denunciare le porcate anche quando a commetterli sono i buoni, ricevendo in risposta inviti a trasferirsi in Russia o in Cina. Dall’altra parte ho anche visto riproporre molte teorie complottiste sugli attentati a Torri Gemelle e Pentagono, e inizialmente mi ha sorpreso che pur avendo a portata di mano un caso grave e documentato come quello cileno ci si appigliasse all’acciaio evaporato o a un piano per intascare i soldi dell’assicurazione. Ma in fondo non è strano, perché non si tratta di criticare gli Stati Uniti – che di critiche se ne meritano, eccome –, ma di rifiutare qualsiasi narrazione che si qualifichi come “ufficiale” o “mainstream”.
Non si può più dire niente
Credo che Davide Piacenza abbia scritto una cosa molto interessante sul politicamente corretto. Credo perché il suo articolo “Non si può più dire niente”: anatomia di un luogo comune è dietro paywall e non l’ho letto.
Però ho ascoltato l’approfondimento di Rete Due RSI, con ospiti Piacenza e e Federico Faloppa, e l’ho trovato molto interessante.
A proposito di politicamente corretto, cancel culture eccetera, la Francia ha deciso che questo indumento è religioso e quindi non può essere indossato a scuola:
Facta ha un interessante articolo a proposito dell’abaya. Io mi limito a osservare che già avevo perplessità sull’approccio francese alla laicità – se ci aggiungiamo il poter etichettare come “religioso” qualsiasi cosa sia un po’ strano, la legge direi che è semplicemente da buttare al più presto.
Il ruggito del ghepardo
Grazie a PZ Myers ho scoperto che il ghepardo, di fatto, è un uccello travestito da felino, visto che fondamentalmente cinguetta:
Quello che non sospettavo è che non è il solo animale a fare il “verso sbagliato” – sbagliato nel senso che non corrisponde alle nostre aspettative.
Questa edizione della newsletter finisce qui; ci leggiamo tra sette giorni.
Ci sono concrete possibilità che l’intervista sarà disponibile su questa pagina, cercando la puntata del 14 settembre. Io ho parlato dopo la prima mezz’ora.
Ho detto proprio così, riprendendo la formulazione di Carl Sagan anche se in genere preferisco la versione di David Hume: un uomo saggio proporziona la sua credenza all’evidenza – ma in radio è più immediata la versione di Sagan.
Articolo dietro paywall. Ogni tanto mi ricordo di precisarlo. Ma c’è anche la soluzione.
Più il quarto aereo che non ha raggiunto l’obiettivo.
E parlare di “complicità” in questo caso è un eufemismo.
capisco l'usare "corpo" anziché "cadavere" per edulcorare l'immagine. Però non è vero che un corpo è solo vivo. Nella seconda metà dell'Ottocento l'estensione di Milano arrivava alla cerchia dei bastioni, e il comune era circondato da un altro comune che si chiamava i Corpi Santi, perché i cimiteri milanesi erano appunto fuori dalla città di Milano...