Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 75ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di Piero Angela, di Sanremo, di stigma dell’obesità e di uccelli che sopravvivono alle pale eoliche.
Ma prima una foto:
La prefilosofia di Piero Angela
È stata una settimana lavorativamente abbastanza piena – ma se le segnalazioni di letture interessanti nella parte finale di questa newsletter scarseggiano non è colpa del lavoro, ma di Piero Angela e Massimo Polidoro.
Ho infatti avuto il piacere di ricevere in anteprima La meraviglia del tutto, il secondo libro postumo del giornalista e divulgatore morto nell’agosto del 2022. Solo che mentre il primo, Dieci cose che ho imparato, era stato scritto da Angela di proprio pugno,1 questo è una conversazione con Massimo Polidoro avvenuta nei mesi precedenti la morte di Angela.
Uno potrebbe pensare “certo, era vecchio, un conto è scrivere un centinaio di pagine, un altro scriverne cinquecento pagine su praticamente tutto quel che riguarda la scienza e la tecnologia, meglio chiacchierare e poi lasciar sistemare a Polidoro”. Ora, è vero che Massimo Polidoro si è ritrovato a dover mettere insieme “un puzzle di centomila pezzi” – come mi ha spiegato nell’intervista che gli ho fatto2 –, ma quella del dialogo è una precisa scelta stilistica. In primo luogo per rendere più semplice la lettura, ma anche come riferimento ai dialoghi di Platone visto che l’intenzione di Piero Angela era non fare un libro di divulgazione, ma filosofico:
Sì, ma non sarà un libro di divulgazione. Certo, se ogni tanto servirà e ci verrà bene, potremo anche spiegare e de- scrivere le cose, ma questo vorrei che fosse proprio un libro filosofico. Voglio condividere le mie impressioni. […] Daremo per scontate alcune cogni- zioni di base, per dedicarci al racconto di aspetti curiosi e inaspettati, o anche a riflessioni più profonde. Importante dovrà essere anche il tono: non dovremo essere pesanti e bisognerà mantenere sempre un atteggiamento di umiltà. Proprio come nella scienza. (pagina 12)
Forse, più che di filosofia, sarebbe più corretto parlare di “pre-filosofia”, di quel senso di meraviglia e di curiosità verso la conoscenza che spinge alcuni a fare filosofia.
Riporto un paio di passaggi che mi sono annotato come particolarmente interessanti. Il primo riguarda i pregiudizi nei quali siamo inevitabilmente immersi:
Ecco perché è importante essere educati alla creatività, e alla consapevolezza dei mille condizionamenti che esistono nella nostra macchina per pensare (ed è anche qui che ci aiutano la scienza e il suo metodo). Dovremmo sforzarci sempre di capire quanto le nostre scelte, i nostri giudizi e pregiudizi siano influenzati dalla nostra lunga storia personale, e tentare ogni volta di cambiare angolazione, di vedere i problemi da un altro punto di vista, di metterci nei panni degli altri e comprendere quali sono i loro premi e punizioni, di essere aperti alle idee nuove, comprese quelle diverse dalle nostre, essere pronti eventualmente a incorporarle nei nostri circuiti, essere curiosi ed esploratori, cercare quello che c’è di valido anche in sistemi di pensiero che appaiono lontani dai nostri, avere la capacità di osservare noi stessi dall’esterno, giudicandoci come se fossimo qualcun altro, e creare infine continui montaggi di idee (e di nuove memorie) con tutti questi materiali. (pagina 165)
Verso la fine del libro, Massimo Polidoro chiede a Piero Angela che cosa risponderebbe a chi afferma che mettere continuamente in discussione le proprie convinzioni è scomodo e faticoso:
Gli do ragione, ma aggiungo che è bellissimo! Perché è come salire sempre su nuove colline e spingersi oltre: si scoprono paesaggi sconosciuti, si vedono cose di cui si ignorava l’esistenza. Il piacere intellettuale di esplorare, di cercare di capire il nuovo, il diverso, ripaga ampiamente della fatica di pensare. Certo, bisogna rinunciare a quel senso di sicurezza che le certezze ti possono dare. Avere un Aristotele che ha già “detto” e spiegato ogni cosa a cui ricorrere, come si faceva in passato, è rassicurante e confortevole. Ma è anche un modo per rimanere seduti mentalmente. È una specie di ergastolo intellettuale. Col rischio di renderci intolleranti verso tutto ciò che contrasta con le nostre idee. (pagine 413-414)
Credo che “evadere dall’ergastolo intellettuale” sarebbe un bellissimo slogan filosofico.
In poche parole
Dobbiamo parlare del Festival di Sanremo? Forse sì: anche chi non guarda la tv e non ascolta musica pop – un tempo una sparuta minoranza un po’ snob; in tempi di frammentazione mediatica in cui un servizio di streaming sceglie per noi quel che più ci può piacere direi, se non la maggioranza, quantomeno una parte importante della popolazione – si ritrova comunque ad aver a che fare con il festival della canzone italiana, con le polemiche sulla presenza di qualche ospite, con le discussioni su qualche dichiarazione eccetera. Sanremo è un po’ l’ultimo baluardo del cosiddetto “nazionalpopolare” o, come l’ho definito in con un po’ di ironia in un breve articolo per l’apertura del festival, “la vera Opera d’arte totale di cui si vaneggiava nell’Ottocento, quella che realizza la sintesi perfetta di tutte le dimensioni spirituali dell’essere umano”. Ironia a parte, trovo sorprendente che proprio un festival della canzone, una manifestazione che sulla carta potrebbe tranquillamente sparire nell’irrilevanza come è capitato ad esempio con Miss Italia, riesca a tenere unita una società sempre più disaggregata.
In un comunicato stampa relativo a un concerto, ho letto che due canzoni “sono rispettivamente al primo e il secondo posto tra i brani più utilizzati dagli utenti nel corso dell’anno”.
Quel “più utilizzati” mi ha colpito. Ma non è trascuratezza linguistica, o almeno non necessariamente: la classifica alla quale si fa riferimento – peraltro senza citarla, ma fa niente – potrebbe infatti tenere conto non solo delle volte in cui un brano è stato ascoltato, ma anche di tutte le volte che è stato inserito in qualche contenuto per i social media. Per cui abituiamoci a un mondo nel quale le canzoni vengono utilizzate.
Come si fa a perdere peso? Dipende, perché il meccanismo di base è relativamente semplice – mangiare meno calorie di quelle che consumi tra metabolismo e attività fisica –, ma a questo si aggiungono un sacco di altri fattori legati alla biologia del corpo umano, alla psicologia individuale e alla società che rendono in molti casi la cosa ben più complicata del semplice “basta mangiare meno e correre di più”.
È del 2020 un consensus statement – una procedura in cui esperti e associazioni di categoria concordano su alcuni punti – che affronta lo stigma dell’obesità, perché se appunto basta mangiare meno e correre di più, se tu sei grasso o grassa è perché non ti impegni, non hai cura del tuo corpo eccetera. Un atteggiamento sbagliato e pericoloso e che tuttavia continua a essere diffuso tanto che quattro anni dopo Nature torna sullo stesso tema, o quasi. Corollario dell’idea che l’obesità sia un vizio è la condanna morale a quelle che vengono percepite come “scorciatoie” alla via corretta per dimagrire – come interventi o farmaci: No ‘easy’ weight loss: don’t overlook the social cost of anti-obesity drugs.
In pochissime parole
Quanti uccelli vengono uccisi dalle pale eoliche? Abbastanza, ma le pale eoliche non sono neanche lontanamente la prima causa di morte per gli uccelli e comunque ci sono alcuni accorgimenti abbastanza semplici per diminuire il numero di vittime volanti. Chi è contrario agli impianti eolici deve trovare altre scuse.
La foto di Taylor Swift con una maglietta anti-Trump è falsa (non sto dietro a tutte le bufale che circolano, ma alcune meritano una segnalazione come questa che combina disinformazione e immagini generate da IA).
Non è una figura retorica: Piero Angela scriveva tutto a mano.
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