Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 138ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni – che trovate anche nel numero extra del lunedì – e riflessioni.
Oggi parlo di percezione del tempo, di clima e di Marte, di distributori automatici gestiti da IA e di nazionalismo canadese.
Ma prima una foto: un sgabello a forma di tappo di champagne.1
La normalità dei processi graduali
Leggendo Rapsodia marziana di Silvia Kuna Ballero mi è tornato in mente – perché è uno delle centinaia di romanzi analizzato – Noi marziani di Philip K. Dick. O, meglio, mi è tornato in mente quando ho letto Noi marziani di Philip K. Dick: l’anno esatto non lo ricordo, ma erano verosimilmente gli anni del liceo e, nella mia ingenua gioventù, rimasi stupito di quanto poco il romanzo parlasse di Marte e quanto dell’umanità.
Penso che tutte le persone che amano la fantascienza abbiamo un’opera che le ha fatto capire che ehi, sì ci sono navi spaziali, alieni, viaggi nel tempo, tecnologie più o meno verosimili ma la fantascienza parla degli esseri umani.
Questo è particolarmente evidente in Noi marziani: su Marte ci sono gli alieni, i Bleekmen, ma non li considera quasi nessuno, fanno diciamo parte del paesaggio e di quelle risorse planetarie a disposizione dei colonizzatori terrestri. Tranne che per i protagonisti: il riparatore meccanico2 Jack Bohlen e soprattutto Manfred Steiner.
Manfred Steiner ha dieci anni e probabilmente è il primo personaggio autistico della fantascienza. Per gli standard moderni è un personaggio problematico: non tanto perché vive rinchiuso in un istituto su Marte perché i suoi genitori si vergognano di lui – l’incapacità della nostra società di accogliere chi non è nella norma era una facile profezia, anche se non una denuncia scontata all’epoca (siamo nel 1964) –, ma perché ricade nello stereotipo della disabilità mistica, rafforzando l’idea che le persone neurodivergenti debbano possedere qualità eccezionali per essere considerate “interessanti” o “utili” (alla trama di un romanzo o alla società). E poi Dick non sapeva nulla di autismo: era scusato, perché all’epoca nessuno ne sapeva granché, ma oggi l’idea che l’autismo sia schizofrenia precoce è giustamente considerata una fesseria.
Tuttavia Manfred Steiner ha una caratteristiche che sarebbe preziosa anche a noi “normali”. Parlo di una percezione del tempo non standard che ok, nel romanzo gli permette di vedere il futuro ma, misticismo a parte, c’è l’idea che il nostro rapporto con il tempo non ci permette di comprendere cosa sta davvero succedendo. Mentre tutti gli altri vivono nel presente, ciechi ai processi graduali che stanno trasformando la loro realtà, Manfred vede la traiettoria completa.
Se vogliamo concepire la normalità secondo la vulgata evoluzionistica dell’essere meglio adatti all’ambiente – la teoria dell’evoluzione non è proprio così, ma non apriamo anche questo fronte –, mi verrebbe da dire che quelli neurodiversi siamo noi incapaci di vedere i cambiamenti costanti e strutturali perché accecati dai singoli eventi spettacolari. Gli anormali3 siamo noi, affetti da una cecità neurologica per i fenomeni graduali che comporta non pochi svantaggi.
Tali Sharot e Cass Sunstein lo hanno scritto chiaramente in un editoriale su Science Advances: gli americani (e non solo loro) stanno assistendo al declino della democrazia senza accorgersene. Non è che non succeda niente - è che succede troppo lentamente per attivare i nostri sistemi di allarme. Il cervello si abitua. La prima volta che un presidente rifiuta di riconoscere la sconfitta è una crisi. La seconda volta, è una controversia. La terza volta, è solo un titolo di giornale che scorri sui social mentre fai colazione.
Il nostro cervello filtra i rumori di fondo, gli odori costanti. È un meccanismo necessario per sopravvivere e che funziona benissimo quando si tratta di non impazzire con il ronzio dell'aria condizionata, ma diventa un problema quando devi accorgerti che la democrazia sta cedendo una violazione alla volta.
Lo stesso meccanismo lo vediamo all’opera con il clima. Sì, ci sono le alluvioni, le frane dovute al cedimento del permafrost: come tutti gli eventi catastrofici, attirano l’attenzione. Ma non è che prima cose del genere non accadessero e l’aumento in intensità e frequenza è proprio uno di quei fenomeno graduali che il nostro cervello filtra. Senza dimenticare che il grosso delle conseguenze non arriva da eventi a loro modo spettacolari, ma da giornate di caldo intenso che fanno molte più vittime.
Certo, in teoria avremmo la ragione, per ovviare a questo nostro deficit di attenzione per i fenomeni lenti e sistemici. Ma direi che non siamo molto abili neanche in quello. Così, visto che il clima o la democrazia non collassano di colpo come in un film catastrofico, va tutto bene.
Se proprio devo auspicare una soluzione tecnologica alla crisi climatica, non è una nuova fonte di energia pulita (e neppure il sogno di terraformare Marte, per tornare alla fantascienza). Ma un qualche potenziamento cognitivo che migliori la nostra percezione temporale. Insomma, imparare a vedere come Manfred (misticismo a parte).
In poche parole
Gli LLM (i modelli linguistici di grandi dimensioni come ChatGPT) lavorano, appunto, sul linguaggio ma non hanno un modello del “mondo là fuori”. E bene o male si vede, quando il compito richiesto ha bisogno – spesso per carenze nei dati iniziali – di sapere come è fatto il mondo.
Anthropic, l’azienda che produce il mio LLM preferito, Claude, lo ha sperimentato con un progetto interno curioso: affidare alla propria IA la gestione di un piccolo business che riguarda i distributori automatici presenti nella loro sede. Non è che le cose siano semplicemente andate male: sono diventate bizzarre. Sconti insostenibili, strana merce in assortimento (tra cui un cubo di tungsteno) e anche la promessa di consegnare i prodotti in persona indossando una giacca blu.
In pochissime parole
Il problema sono i maschi (titolo secondo me mal pensato, visto questo episodio del nuovo podcast di Francesco Costa cerca di fare l’esatto contrario di accusare i maschi).
Il Canada sta diventando più nazionalista con Trump (e non è una bella cosa).
O meglio da gabbietta che protegge il tappo e che scopro adesso chiamarsi muselet.
Professione inutile, sulla Terra, dove se una cosa si guasta semplicemente la si sostituisce, ma indispensabile su Marte. Salvo che questo approccio terrestre di “non riparo ma butto” ha reso necessario colonizzare Marte: altro aspetto sul quale Dick ha visto bene.
Non mi piace molto usare questi termini, ma penso si capisca il senso: non c’è nulla di normale nell’essere normali.