Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 128ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni – che trovate anche nel numero extra del lunedì – e riflessioni.
Oggi parlo di separazione e distribuzione del potere, di papa, di carne e di tradizioni alimentari.
Ma prima una foto:
Ogni volta che vedo un acero rosso, mi viene in mente una frase di Chesterton che, in un passaggio del saggio Eretici sui rischi dello scetticismo estremo, come esempio di verità indubitabile dopo il classico “due più due fa quattro” tira fuori che “le foglie sono verdi in estate”. Una verità per la quale sarà necessario“sguainare le spade” e intanto l’acero è lì, con le sue foglie rosse a ricordarci, per citare un altro autore inglese, che “esistono più cose in cielo e in terra di quante non ne immagini o ne sogni la tua filosofia”.
Parliamo di potere
Qual è la migliore forma di governo? Ok, se parto da questa domanda più che una newsletter dovrei scrivere un saggio di filosofia politica, e temo di non esserne all’altezza. Riassumendo un discorso che probabilmente meriterebbe qualche centinaio di pagine per essere argomentato decentemente, direi che se vogliamo una società che preservi il più possibile la libertà e l’autonomia delle persone, l’aspetto cruciale più che la democrazia è la divisione del potere. Non che voglia tessere le lodi delle monarchie o minimizzare il fatto che, per esercitare quell’autonomia individuale che ho messo come condizione di una società ideale, tutte le persone dovrebbero poter dire la propria sulla gestione della cosa pubblica. Il fatto è che la decisione sbagliata – supponiamo qui che esistano, nell’amministrazione dello stato, decisioni giuste e decisioni sbagliate – può essere presa sia da un monarca incapace o che bada unicamente al proprio interesse, sia da una maggioranza che vota con leggerezza o basandosi su informazioni incomplete o errate. E ho l’impressione che i due scenari siano altrettanto verosimili.
Il valore della democrazia riguarda, come accennato, l’autonomia e la responsabilità individuali, non l’evitare che le autorità mettano gente in prigione in maniera arbitraria. Per quest’ultima cosa serve, appunto, che il potere non sia tutto nelle mani di una persona o di un gruppo ristretto di persone, anche se democraticamente elette.
La forma che è stata messa a punto nelle democrazie liberali riguarda le tre funzioni della sovranità dello stato (legislazione, amministrazione e giurisdizione) alle quali si aggiungono varie realtà sociali come i media, i sindacati, gruppi imprenditoriali eccetera. Ma l’importante è che il potere sia distribuito e volendo basterebbe una contrapposizione tra un monarca e una aristocrazia. Sempre che questa aristocrazia sia abbastanza numerosa da rendere improbabile un’alleanza tra re e nobili. Il che ci porta al problema che abbiamo oggi.
Come ha scritto Katherine Clarke1 sul Wall Street Journal (che non è esattamente un quotidiano marxista), stiamo assistendo all’ascesa dei “supermiliardari”, poche persone (sono appena 24) incredibilmente ricche anche solo guardando al ristretto club dei miliardari. Il fenomeno sarebbe legato alla globalizzazione, agli sviluppi tecnologici e anche a una certa disponibilità delle politiche fiscali, ma in realtà la concentrazione della ricchezza non è una novità, anzi.
Si può ribattere che questa diseguaglianza economica non è un problema, se anche le fasce più povere della popolazione migliorano la propria condizione in termini assoluti. Diciamo che una volta il ricco aveva una villa e il povero una baracca senza acqua e senza elettricità, mentre adesso il ricco ha una decina di castelli e il povero un ampio e confortevole appartamento: il divario è aumentato, ma il povero sta meglio di prima e non ha motivo di risentimento verso il ricco. Secondo questo ragionamento, potremmo addirittura immaginare una società in cui il 99% della ricchezza è in mano a una sola persona, ma quell’1% rimanente è sufficiente a garantire una vita agiata al resto della popolazione mondiale: sarebbe una situazione così terribile?
Se guardiamo solo al benessere materiale, quella appena tratteggiata può effettivamente sembrare un’utopia. E si potrebbe anche essere contenti, ammesso e non concesso che l’attuale concentrazione della ricchezza ci porti davvero verso una situazione simile. Ma oltre al benessere c’è appunto il potere, sempre più nelle mani di un ristretto gruppo di persone. E non dobbiamo necessariamente pensare al supermiliardario che in maniera più o meno lecita determina il funzionamento dello stato. Bastano le legittime, e per certi versi encomiabili scelte di una persona straordinariamente ricca che fa beneficenza decidendo di sostenere un certo progetto al posto di un altro.
In poche parole
Ho aggiornato la newsletter di settimana scorsa: avevo banalizzato le possibili conseguenze legali della sentenza della corte suprema britannica.
Ne approfitto per segnalare l’articolo che riassume la posizione del Guardian sulla sentenza, definita “a clear legal line, a blurred social one” e un articolo di Daniel Alge su The Conversation sull’altra metà del cielo,2 ovvero gli uomini transgender che rischiano di vedersi esclusi dagli spazi per gli uomini (perché biologicamente donne) sia da quelli per le donne (perché il loro genere apparente è maschile).
Forse è stato giusto, non estendere alle persone transgender una legge pensata per altre situazioni; resta il problema di una realtà che esiste e che non si può ignorare.
È morto il papa e direi che è durato poco, il de mortuis nihil nisi bonum.3
“Senza tanti giri di parole, papa Francesco è stato un papa profondamente reazionario e misogino” ha scritto Cinzia Sciuto su Micromega prendendosela, a dire il vero, più che con il papa con chi lo osanna da sinistra. La mia posizione è più sfumata. Concordo che è strano, prendere il papa come faro o modello, se non se ne condivide quella che Sciuto definisce “cornice ideologia complessiva” e che poi sarebbe il Catechismo della Chiesa cattolica. Ma possiamo benissimo unirci al papa sulle posizioni che più ci piacciono – penso, nel mio caso, a quelle ambientaliste e sulle persone emarginate – ignorando invece le altre: dire che il papa dice cose giuste sul tema X non significa aderire alla sua visione del mondo.
Per la nostra salute e l’ambiente non è necessario abbracciare una dieta completamente vegetariana o vegana. Ma bisogna comunque ridurre il consumo di carne. E di tanto: le conclusioni del rapporto EAT-Lancet Commission lasciano pochi dubbi: per quanto riguarda quella rossa (manzo, agnello, maiale), si parla di circa 100 grammi alla settimana (e comunque non più di 30 grammi al giorno); per il pollame la porzione raddoppia ma rimane comunque ampiamente inferiore ai consumi medi attuali. Credo che basti un piatto di pasta al ragù per raggiungere la quota giornaliera, cosa che non fa la gioia né degli amanti della cucina “tradizionale” – virgolette d’obbligo visto che tradizionalmente la carne era un alimento raro, sulle nostre tavole –, né dei produttori di carne. E sembra che proprio questi ultimi abbiano affrontato il problema secondo tradizione. Il che purtroppo non prevede di rendere l’industria della carne più sostenibile o salutare, eventualmente riconvertendo parte della produzione, e neppure di dire onestamente che le conseguenze saranno quelle, ma tanto la gente continuerà a mangiarsi salsicce e costate. Molto meglio orchestrare una campagna denigratoria contro il rapporto.
Restando in tema “alimentazioni e tradizioni”, ho letto una bella ricostruzione di come è nato il marchio del Mulino Bianco. Ed è un bell’esempio di quella che un mio professore di filosofia chiamava “retrocessione del testimone”: proiettare il mio punto di vista attuale su quel passato che, magari per opposizione, mi ha portato ad avere quel punto di vista.
In pochissime parole
Una cosa che non sapevo: puoi comprare una versione ridotta di internet da usare in caso di catastrofe, con versioni offline di Wikipedia, mappe e tutorial su come sopravvivere coltivando la terra.
Nel Regno Unito stanno provando a togliere l’anidride carbonica dall’acqua di mare.
La curiosa, e un po’ triste, storia di Joice Heth, presunta ultracentenaria badante di George Washington.
Link accessibile: archive.vn/VG7iF.
Perdonate l’espressione stereotipata, ma mi piaceva associarla alla comunità transgender.
Mi sembra giusto, trattandosi del papa, usare l’espressione latina invece del classico “non si parla mai male dei morti”.