Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 99ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di dieta mediterranea, di Buddha e di dinosauri all’asta.
Ma prima una foto: una scultura del Buddha opera dell’artista cinese Hu Junjun.
La mostra di Hu Junjun al Museo delle culture di Lugano è aperta da poco ed è interessante vedere come il buddhismo, spesso definito “l’unica religione senza divinità”, intenda l’arte sacra – poi è probabilmente un caso particolare Hu Junjun, artista autodidatta che intende il suo lavoro come una attività più spirituale che artistica.
Il mito della dieta mediterranea
Da grande amante di frutta e verdura, non posso che provare simpartia verso la famosa “dieta mediterranea”. Leggere La dieta mediterranea: Realtà, mito, invenzione di Vito Teti mi ha quindi un po’ spiazzato – una situazione simile, immagino, a quella che provano i fanatici di piatti tradizionali come la carbonara nello scoprire non solo che è un piatto relativamente recente (parliamo del secondo dopoguerra), ma anche che ne sono sempre esistite mille varianti prima che si imponesse quella considerata “tradizionale”.
Ma il discorso di Teti è più elaborato del semplice “ah ah fessi ci avete creduto” con cui di solito si smontano le antiche origini di piatti che hanno al più qualche decennio.
Prima, però, una premessa: il libro fa parte della collana “Voci” della Treccani che sono indeciso se considerarla una iniziativa editoriale lodevole o semplicemente furba. Il libro riprende infatti quanto scritto da Teti per l’opera enciclopedica L'Italia e le sue Regioni ed è quindi disponibile online. L’unica parte inedita del libro è l’introduzione – che non ho trovato particolarmente interessante, anche perché scritta in modo meno chiaro e conciso della parte enciclopedica del testo.
Detto questo, cosa scopriamo della dieta mediterranea leggendo il libro di Teti? Come prima cosa che è una invenzione:
Il problema è che una dieta ricca di cereali, legumi, frutta e verdura, pesce fresco e pasta, con pochi prodotti di origine animale come formaggi e uova, ma povera di grassi saturi, con olio di oliva come principale condimento, non era per nulla tradizionale ed era lontanissima dai consumi e delle disponibilità alimentari delle persone che vivevano nel Mezzogiorno d’Italia e in altre aree mediterranee.
Abbastanza ovvio, a rifletterci un attimo. Del resto, o eri povero e quindi facevi sostanzialmente la fame oppure eri ricco e potevi permetterti di mangiare di tutto e in grande quantità (condividendo il cibo in occasioni particolari e seguendo riti che ribadivano le differenze sociali, come ricordato in alcuni capitoli molto interessanti).
Fosse solo questo, avremmo semplicemente un problema storico che tutto sommato conterebbe poco, nel giudicare il valore di quella che oggi chiamiamo “dieta mediterranea”: d’accordo, è un’invenzione, possiamo ignorare la retorica sulla “antica saggezza alimentare dei popoli”, ma il resto va bene. Infatti il vero problema, per Teti, non è il fatto che la dieta mediterranea sia un’invenzione, ma che sia “un’invenzione vaga, mobile, che abbraccia aspettative e memorie a volte contraddittorie, che torna a un passato mitico e che diventa discorso ideologico chiuso e autoreferenziale”.
La dieta mediterranea è anche un’invenzione imposta da altri: fino agli anni Cinquanta del Novecento l’alimentazione dei popoli mediterranei, e in particolare degli abitanti del Sud Italia, era considerata segno di arretratezza e di inferiorità. Non a torto, visto che come detto parliamo sostanzialmente di miseria, ma la via del progresso sembrava essere un maggiore consumo di carne.
Poi, negli anni Cinquanta, alcune ricerche – come quelle del biologo e fisiologo Ancel Keys – hanno capovolto il paradigma, collegando all’eccessivo consumo di grasso animale alcune “malattie del benessere”. Ed ecco che l’alimentazione tradizionale mediterranea – indagata, o meglio inventata, da Keys e altri ricercatori con ricerche realizzate in Grecia, a Creta e nel Sud Italia – diventava salutare. Si accompagna a questo processo una rivalutazione dello status sociale degli immigrati italiani negli Stati Uniti:
Se alla fine dell’Ottocento ‘mangiare spaghetti’ costituiva spunto per ingiurie ed esclusioni di tipo etnico, a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo l’alimentazione degli italiani venne associata alla buona cucina e alla ‘civiltà a tavola’.
La dieta mediterranea nasce quindi come una “costruzione puritana e moralistica anglosassone” da contrapporre “alle abitudini delle società opulente e obese”. Incluse quelle dei popoli mediterranei, oggi accusati di aver abbandonato un’alimentazione che in realtà non avevamo mai seguito.
In poche parole
C’è una testata giornalistica che non capisco. Probabilmente è un limite mio, ma non capisco come un giornale che non solo solleva il caso della rettrice della Sapienza di Roma che entra nel Consiglio di Coldiretti, ma ha anche l’autorevolezza di riuscire a bloccare quella nomina, poi pubblichi un articoletto di una stupidità disarmante come questo,1 sul fatto che “un vero uomo” non può mangiare cibo chiamati con un diminutivo (come il “fagottino di mele”).
Sì, ovvio che è una provocazione, ma è una provocazione cretina che mi pare squalificare completamente quella testata.
Ho più volte scritto di turismo – un po’ perché sono anch’io un turista, un po’ perché il turismo è un fenomeno curioso dal punto di vista etico, un ambiente in cui non sembrano valere le normali regole del vivere comune.
Ad ogni modo, Il Post ha un interessante articolo con alcuni consigli su come essere “turisti responsabili” ed è interessante che molte raccomandazioni non vanno solo a vantaggio di altre persone, e in particolare di chi vive nelle località turistiche, ma anche dei turisti stessi con un miglioramento dell’esperienza di viaggio.
Uno stegosauro è stato venduto all’asta per diversi milioni di dollari: non mi considero esattamente un nemico del libero mercato, ma non capisco proprio come un fossile di grande interesse scientifico possa essere messo all’asta, ma così funziona negli Stati Uniti.
Interessante la dichiarazione dell’acquirente: “Apex (il nome dato al fossile, ndr) è nato in America e resterà in America”. Non tanto perché quando Apex è nato l’America non c’era, non solo come Stato ma neppure come continente (almeno nella sua forma attuale), ma perché evidentemente gli sta più a cuore i confini che il fossile eventualmente attraverserà, non come e dove sarà conservato.
Non che avessi particolari dubbi in proposito, ma le fantasie di complotto non riguardano solo una parte politica e così, eccone alcune diffuse tra i progressisti statunitensi a proposito dell’attentato a Trump.
Ora, al di là dell’ironia della faccenda, si può cercare di capire perché su questo tema siano fiorite queste fantasie di complotto. Perché c’è qualcosa di poco chiaro? Certamente, ma non solo: un ingrediente essenziale è la mancana di fiducia nelle parti coinvolte in quel mistero – in questo caso Trump.
In pochissime parole
Una bella idea per un racconto di fantascienza: Al più celebre premio per i romanzi di fantascienza è stata scoperta una truffa dozzinale.
Può essere che a un certo punto della campagna elettorale statunitense, torni il tema del “Defund the police”. Dovesse capitare, meglio ricordarsi che non si parla di abolire la polizia, ma di evitare casi del genere usando le risorse disponibile per assistere le persone con disagi mentali e non mandare a casa loro degli esaltati armati.
Un mio pezzo sul cervello delle persone adolescenti2 – interessante quello che mi ha detto l’intervistata, la professoressa Sarah-Jayne Blakemore, su una “bufala scientifica” ancora presente nei manuali universitari sui quali ha studiato negli anni Novanta.
Link non al sito originale ma a una copia – per non regalare clic all’articolo cretino.
Link accessibile: archive.is/z9Pjo.