Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 64ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni. Oggi parliamo di femminicidi tra amore, colpe e punizioni, di calo delle vaccinazioni, di complotti kennediani e dei consigli di scrittura di Schopenhauer.
Ma prima una foto:
È la tazzina in ceramica che ho decorato “di persona personalmente”: nonostante avessi qualche perplessità – sulle mie capacità artistiche e soprattutto sulla piacevolezza di mettersi a pitturare un coso in ceramica – si è rivelata un’esperienza piacevole e rilassante. Devo ancora vedere la tazzina dopo la cottura che trasformerà i colori (quello che qui sembra un marrone un po’ anonimo dovrebbe diventare blu).
A proposito della morte di Giulia Cecchettin
Premessa: questa newsletter sta crescendo e una delle conseguenze è che, dopo ogni edizione, c’è qualche disiscrizione – ampiamente compensata da nuovi membri che si aggiungono in settimana. Credo sia una dinamica normale e non me ne lamento: giustamente quello che scrivo può non interessare a tutti e il tempo per leggere, ascoltare e guardare cose è limitato. Se tuttavia chi si cancella lo fa perché pensa che abbia scritto una cazzata, per piacere me lo scriva – mandandomi una mail, lasciando un commento, cercandomi sui social media. Perché per quanto mi sforzi di pensare prima di scrivere, e di scrivere il più chiaramente possibile, magari mi sono espresso male o quello che ho scritto è davvero una cazzata e allora fate benissimo a farmelo notare.
Questa lunga premessa vale in generale, ma la metto qui, prima di affrontare un discorso delicato come la morte di una ragazza uccisa dall’ex compagno.
L’uccisione di Giulia Cecchettin non è il primo femminicidio1 dell’anno. Anzi. Perché questo caso di cronaca purtroppo, simile a un altro centinaio solo quest’anno, sta ricevendo così tanta attenzione?
La luna e il dito
Chiederselo è un po’ come guardare il dito anziché la luna – ma secondo me la persona saggia di quel proverbio2 dovrebbe guardare sia la luna sia il dito, insomma interrogarsi sulle cose sia come e perché parliamo di quelle cose.
Personalmente, credo che il caso mi abbia particolarmente colpito innanzitutto perché ho avuto modo di seguirlo: ho appreso della scomparsa di Giulia Cecchettin qualche giorno prima del rinvenimento del cadavere e certamente il mistero, tra le ipotesi su cosa potesse essere successo e un po’ di speranza di ritrovarla viva, cattura l’attenzione. Poi la giovane età di Cecchettin e il fatto che fosse una studentessa universitaria in procinto di laurearsi l’hanno resa più vicina a molte persone. Forse ha giocato un ruolo anche il contrasto con l’idea che le giovani generazioni non condividono quei valori patriarcali ai quali si riconduce la violenza di genere.
Alcuni di questi fattori dovrebbero forse essere irrilevanti – razionalmente dovremmo reagire alla stessa maniera di fronte a ogni femminicidio –, ma questo non significa che l’attenzione verso l’uccisione di Cecchettin sia fuori luogo. Soprattutto se questa attenzione mediatica porterà a qualcosa, come forse sta accadendo.
Il che ci porta a guardare, finalmente, la luna, cioè all’uccisione di Cecchettin. Ci sarebbe tanto da dire – qui mi limito a tre aspetti: amore, responsabilità, prevenzione.
È amore, purtroppo
Giulia Cecchettin è stata uccisa dall’ex partner3 incapace di accettare la fine della loro relazione. Nel ricostruire l’accaduto si cerca (o meglio si dovrebbe cercare) di non normalizzare ciò che ha fatto l’assassino e di non colpevolizzare la vittima. Tuttavia questo porta a negare che quello provato dall’assassino fosse amore, il che secondo me è un errore. L’assassino ha agito per amore, perché l’amore non è solo quello bello e romantico ma è anche quello violento e pericoloso che può portare all’annientamento della persona amata (e anche di quella amante).
Certo potremmo dire che quello “non è vero amore”: entro certi limiti è una questione di convenzioni linguistiche per la quale basta chiarirsi. Credo tuttavia che sia importante evidenziare come rientri tutto sotto lo stesso concetto. E che sta a noi fare in modo che questa e altre emozioni non degenerino e diventino pericolose per noi stessi e per le altre persone.
La questione della colpa
Responsabilità. La responsabilità penale è individuale: sono convinto che l’affermazione di questo principio sia una grande conquista della civiltà. Ma ci sono anche altri tipi di responsabilità che non riguardano la legge e il diritto ma le dimensioni sociale, culturale e politica, forse anche quella religiosa o spirituale. L’uomo, nonostante certe idealizzazioni cerchino di negarlo, è un animale sociale e non può essere compreso senza tenere conto di questo aspetto.
Sottolineare l’esistenza queste responsabilità – in questo caso la partecipazione a una società che per semplificazione possiamo definire androcentrica – non significa né diminuire le responsabilità individuali del colpevole né considerare ugualmente colpevoli tutti gli uomini. Io lo concepisco come un invito a riflettere su quello che si può fare e a cercare di capire cosa pensano e provano persone che hanno vissuto esperienze diverse dalle nostre.
Non so se esiste una mappa di queste “altre responsabilità” – io ho presente solo il tentativo di Karl Jaspers sul nazismo, in un libretto, La questione della colpa, la cui traduzione italiana è purtroppo fuori commercio. Jaspers distingueva tra colpa criminale, colpa politica, colpa morale e colpa metafisica – ma si riferiva, come accennato, a una situazione ben diversa da quella dalla quale sono partito.
Buttare via la chiave
Infine, la prevenzione: come evitare che si ripetano simili episodi di violenza – o, ponendosi un obiettivo più raggiungibile, che diminuiscano? Non ho certezze: certo una maggiore formazione e sensibilizzazione delle forze dell’ordine, che sembrano aver inizialmente sottovalutato il caso, aiuta; credo anche che l’educazione di genere – e più in generale all’ascolto – nel lungo periodo possa aiutare. Sono invece abbastanza sicuto che la repressione, con le cosiddette “punizioni esemplari”, non serva a nulla.
E in proposito mi chiedo se chiudere l’assassino di Cecchettin in una cella e buttare via la chiave sia la soluzione migliore (per lui e per tutte e tutti noi). Non auspico una assoluzione o una riduzione della pena in base a qualche cavillo – spero che non tenti neanche questa strada –, ma una pena che sia riabilitativa e che lo porti a rendersi di cosa ha fatto e perché lo ha fatto, e magari anche a una riconciliazione con i parenti della vittima. È possibile che ciò accada? Sì. È probabile? No, soprattutto se lo si rinchiude in una struttura carceraria inadeguata e sovraffollata.
E ora, dopo questo insolitamente lungo blocco e come da tradizione di questa newsletter in cui inserisco di tutto un po’, qualcosa di completamente diverso.
Non ci sono più le vaccinazioni di una volta
Negli Stati Uniti c’è un calo nelle vaccinazioni pediatriche, in particolare la trivalente per morbillo, parotite e rosolia, e un aumento delle “esenzioni non sanitarie: in alcuni Stati degli USA è infatti possibile non vaccinare i propri figli per questioni “filosofiche o religiose”.
Le cause, secondo Katelyn Jetelina, sono la misinformazione,4 il calo della fiducia nelle istituzioni e i problemi dei servizi sanitari. E, guardando i grafici, l’abitare in Idaho.
Ho dato un’occhiata ai dati europei sul sito dell’OCSE e il calo non sembra essere limitato agli Stati Uniti.
Kennedy
A proposito di sfiducia nelle autorità: è un fenomeno che c’è sempre stato – e per fortuna, visto che anche le autorità sbagliano e a volte ingannano. Credo comunque sia possibile indicare alcuni eventi-chiave che hanno cambiato un po’ le cose. Gli attentati dell’11 settembre 2001 sono uno di essi, ma prima ancora l’assassinio di Kennedy avvenuto giusto sessant’anni fa.
Sul tema c’è una bella intervista a Massimo Polidoro per Radio CICAP; sempre Massimo Polidoro ha ripreso la sua serie di video su YouTube dedicata all’assassinio di Kennedy.
Restiamo in zona CICAP per segnalare la misteriosa storia della sirena di Milano.
Siate laghi svizzeri, non torrenti impetuosi
È il consiglio di uno dei miei filosofi preferiti, Arthur Schopenhauer:5
In generale il vero filosofo cercherà dappertutto luce e perspicuità, e si sforzerà sempre di rassomigliare non a un torrente torbido e impetuoso, bensì a un lago svizzero che, per la sua calma e nonostante la sua grande profondità, abbia grande limpidezza, la quale soltanto, appunto, rende visibile la profondità. […] Il filosofo non autentico, invece, certo non cercherà affatto di nascondere con le parole i suoi pensieri, secondo la massima di Talleyrand, ma piuttosto la loro mancanza, e scaricherà sulla coscienza del lettore l’incomprensibilità dei suoi filosofemi derivante dall’oscurità del suo pensiero. Ciò spiega perché in taluni scritti, per esempio quelli di Schelling, il tono didattico trapassi così spesso nel rimbrotto, anzi spesso i lettori vengano rimproverati già in anticipo, nella previsione della loro incapacità.
L’idea di cercare la massima comprensibilità evitando parole oscure e confuse la ritrovo, resa con la metafora di una vetrata e non di un lago cristallino, in una delle belle illustrazioni di PJ Milani:
Sono consapevole che il termine mostra l’adesione a una certa visione del mondo che grosso moda potremmo definire “femminista”; e soprattutto sono consapevole che qualcuno potrebbe storcere il naso a leggere quella parola. Io concepisco il termine in maniera neutra: un femminicidio non è semplicemente un omicidio in cui la vittima è una donna, ma in cui questa uccisione si inserisce nel contesto della violenza di genere. L’uccisione di una donna durante una rapina non è un femminicidio mentre l’uccisione di un uomo da parte del o della partner potrebbe essere un caso di “maschicidio”. Sul tema ci sono una puntata del podcast di Vera Gheno e un articolo del Post.
“Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.
Correttamente i media, o almeno alcuni, parlano di “presunto autore” visto che si è innocenti fino a prova contraria – ma mi pare che non ci siano molti dubbi.
“Misinformazione” indica qualsiasi informazione falsa o inaccurata, indipendentemente dalle intenzioni di chi la diffonde e che, al contrario della “disinformazione” non ha necessariamente intenzione di ingannare. In inglese misinformation ha il suo perché, in italiano un po’ meno ma è sempre più usato.
Da Sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente (preso dall’edizione BUR curata da Sossio Giametta). Il brano citato viene dal §3 del primo capitolo.
se uno cerca bene, l'ebook di Jaspers lo trova anche :-)