Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 77ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di filosofia al femminile, ancora incidenti da IA, felicità e prevenzione.
Ma prima una foto:
È da un po’ che vedo questo manifesto della Fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo e non sono sicuro di comprenderne il senso. Cioè, il senso è chiaro: sensibilizzare contro il razzismo e l’antisemitismo. È con lo slogan che ho qualche problema: perché urlare “non da noi”? Forse sono io che ragiono troppo sopra le cose, ma quel manifesto sembra quasi dire “ehi, altrove sono razzisti, si vede che son fatti così ma noi no, noi siamo diversi”. Il che non mi pare la premessa ideale, per contrastare i pregiudizi.
Di donne e filosofia (per non parlare dei manuali)
Forse è un bell’esempio di serendipità – o forse è semplicemente lo “spirito del tempo” che si manifesta. Fatto sta che Christian Raimo ha scritto, per il Post, un articolo in cui si lamenta dei manuali di filosofia per i licei notando, tra le altre cose, della mancanza di filosofe. E, qualche giorno prima che Raimo pubblicasse Chiedi chi erano l’Abbagnano-Fornero (e il Reale-Antiseri) io ho comprato Il libro rosa della filosofia di Simonetta Tassinari – avendo anche il tempo per leggerlo grazie alla soppressione di due treni da Milano.
Ora, l’articolo di Raimo mi convince fino a un certo punto. Tralasciando alcune affermazioni che vengono semplicemente buttate lì (perché “subordinare la logica alla metafisica” sarebbe un rovesciamento dannoso dal punto di vista della pedagogia?), la tesi di fondo mi pare abbastanza banale: i manuali di filosofia esprimono il punto di vista del loro autore (e più in generale del contesto storico in cui sono stati scritti) e potrebbero non essere più al passo con i tempi, sia per quanto riguarda la storiografia sia per quanto riguarda la sensibilità moderna.
D’accordo, ho studiato filosofia all’università, e mi ricordo professori consigliarci, come antidoto ai luoghi che finiscono nei manuali, di leggere anche solo l’indice delle principali opere filosofiche, ma non credo che sia necessario laurearsi in filosofia per capirlo. Ok, sarà banale ma le banalità vanno comunque dette, giusto? Giusto, però poi dovremmo costruirci qualcosa, su quella banalità, ad esempio spiegnado qual è il ruolo dei e delle docenti di filosofia. Ma Raimo mi sembra fermarsi lì, compiacendosi della propria arguzia e della propria sensibilità.
Veniamo al libro di Tassinari. Confesso che, quando l’ho visto in libreria, l’ho preso in mano e riposto sullo scaffale un paio di volte, indeciso se comprarlo o no. Perché questa indecisione? Banalmente, per via della copertina: era proprio necessario tingere di rosa il titolo? E perché quel tono da “non ce lo dicono” parlando di “storia mai raccontata del pensiero femminile”?
Alla fine ho deciso di non giudicare il libro dalla copertina e ho fatto bene.
Sul rosa, le prime pagine sono appunto dedicate a una breve decostruzione dello stereotipo che vuole questo colore legato alla femminilità, decidendo alla fine di adottare il rosa come sorta rivendicazione identitaria.1
Per quanto riguarda la storia mai raccontata, la seconda parte del libro, la più corposa, fa effettivamente una cosa che credo mancasse, almeno a livello divulgativo: ripercorre la storia della filosofia (occidentale) guardando a come i vari pensatori consideravano le donne e più in generale il pensiero femminile, mettendo in luce i contributi delle donne che hanno avuto modo di pratica la filosofia. Che – anche prima dei grandi nomi come Simone de Beauvoir o di Virginia Woolf – non sono poche e non si capisce perché trascurarle del tutto, visto il gran numero di pensatori (maschi) minori che vengono citati ad esempio per dare un po’ di contesto sulle scuole filosofiche. I capitoli secondo me più interessanti di questa storia della filosofia – e che ho intenzione di rileggermi con maggiore calma più avanti – sono quelli dedicati alle varie “ondate” del pensiero femminista.
La terza parte del libro si interroga sul senso di una filosofia femminile. Attenzione: non di una storia della filosofia femminile, che trova giustificazione nel fatto che quella storia, finora, l’abbiamo vissuta e raccontata dando per scontato che per filosofare occorresse essere maschi e quindi abbiamo bisogno di un punto di vista che completi quello al quale siamo abituati. La domanda è se vi siano caratteristiche del pensiero che distinguono la filosofia di un uomo da quella di una donna: la tesi di Tassinari è che no, al di là di contingenze sociali e personali, la filosofia è filosofia, ovvero esercizio critico del pensiero.
Per quel che vale, concordo con questa affermazione dell’universalità della ragione – che sarebbe uno dei principi dell’Illuminismo, anche se storicamente questo universalismo includeva solo una parte dell’umanità.
In poche parole
Ho deciso di non più rinnovare l’abbonamento a pagamento a ChatGPT. Sto provando – i primi due mesi sono gratis – Gemini Advanced di Google, ma i risultati sono proprio incoraggianti: gli ho chiesto che cosa pesa di più, tra due chili di piume e un chilo di mattoni. Questa la sua risposta, divertente nella sua incoerenza:
Due chili di piume e un chilo di mattoni hanno lo stesso peso: un chilo.
Anche se le piume sono generalmente più leggere dei mattoni, la chiave qui è la quantità. Due chili di qualsiasi cosa, che siano piume o mattoni, peseranno sempre il doppio di un chilo della stessa cosa.
Quindi, la risposta è che non c'è differenza di peso tra due chili di piume e un chilo di mattoni.
L’ho già detto ma la ripeto: ho l’impressione che stia scoppiando la bolla dell’intelligenza artificiale generativa e dei large language model come ChatGPT. Il che non significa che queste tecnologia spariranno, ma semplicemente che le troveremo integrate nelle applicazioni che già utilizziamo, senza avere una specie di oracolo apparentemente onnipotente.
Sempre a proposito di intelligenze artificiali, è scoppiato un caso intorno ad alcune immagini senza senso generate da una IA e inserite in un articolo scientifico. Ne scrive Il Post, ma nella mia bolla di comunicatori scientifici se ne parlava già da qualche giorno, notanto le varie storture della vicenda, tra cui quella che molto spesso le immagini vengono considerate una cosa accessoria, ignorando il loro grande potenziale comunicativo.
La promozione della salute è indubbiamente importante. Ma va fatta bene e l’idea, avanzata in Lombardia ma mi pare di capire senza una proposta concreta, di una tessera a punti per i virtuosi della prevenzione è, per dirla in parole semplici, una fesseria. L’ottima Roberta Villa spiega in dettaglio perché.
Mi è capitato in mano La conquista della felicità di Bertrand Russell.2 Ho trovato questo passaggio delizioso:
Fin qui abbiamo preso in esame l'uomo infelice; abbiamo ora il più piacevole compito di esaminare l'uomo felice. Dalle conversazioni e dai libri di alcuni amici miei sono quasi stato indotto a concludere che nel mondo moderno la felicità è diventata impossibile. Trovo però che questa opinione tende ad essere dissipata dall'introspezione, dai viaggi all'estero e dai discorsi del mio giardiniere.
In pochissime parole
Due mie recensioni: il film The Zone of Interest di Jonathan Glazer e lo spettacolo The City di Martin Crimp e Jacopo Gassmann.
Il sito di fact checking Facta sta diventando sempre più surreale – ma non è lui, siamo noi:3 Non è vero che l’aereo supersonico Concorde non è mai esistito, La teoria cospirazionista che vuole dimostrare che Hillary Clinton è una “rettiliana”, Il Nesquik non è fatto con la farina di rana, che non esiste.
E forse come questione di marketing, ma non sottilizziamo.
Ho la vecchia edizione Longanesi, ma immagino esistano edizioni più recenti.
Alcune di queste bufale sono probabilmente nati come scherzi, ma poco cambia.