Una newsletter che non segue le elezioni americane
La newsletter speciale del 5 novembre 2024
Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è una edizione speciale della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni, dedicata alle elezioni presidenziali statunitensi – scritta e inviata prima della conclusione del voto. E per un motivo.
Ma prima una foto: non avendo immagini mie relative alle elezioni, eccone una di Darren Halstead presa da Unsplash.
Informazione o intrattenimento?
Non credo di andare a letto presto, questa sera. Ma non perché seguirò fino a tarda notte – o più realisticamente fino al mattino presto – uno dei tanti eventi in diretta dedicati alle elezioni presidenziali americane. Credo che praticamente tutti i media faranno un live blog, e diversi (come Il Post, del quale di solito apprezzo tutte le iniziative) anche eventi video.
Verosimilmente, quando inizieranno ad arrivare i primi risultati, peraltro ininfluenti per capire un possibile esito, andrò a dormire. Ovviamente non perché non ritenga importante l’esito di queste elezioni, anzi: credo che la vittoria di Donald Trump o di Kamala Harris possa fare una grande differenza, per gli Stati Uniti e per il mondo. Quello che non farà alcuna differenza sarà conoscere il risultato della Pennsylvania nel cuore della notte o domani mattina con calma. E questo per due motivi.
Il primo è che, certo, la Pennsylvania è tra i primi stati in bilico di cui si conosceranno i risultati e – come spiega ad esempio la BBC con una bella pagina interattiva – chi vince lì ha quasi la vittoria in tasca. Ma, appunto, quasi: anche mettendo da parte la questione dei riconteggi (e sono abbastanza vecchio da ricordare le presidenziali del 2000, quando ci volle un mese per determinare il risultato della Florida), bisognerà comunque aspettare i risultati in altri Stati. In altre parole, il risultato della Pennsylvania sarà la notizia solo per poche ore, poi la notizia diventerà l’arrivo di altri risultati, il raggiungimento, da parte di Trump o di Harris, dei 270 grandi elettori, il riconoscimento (o il mancato riconoscimento) della vittoria e così via con gli scenari possibili.
Ma, e arrivo così al secondo motivo per cui questa notte dormirò, anche ammettendo di poter già conoscere, all’una o alle due di notte, l’esito di queste elezioni: a me cosa cambierebbe?
Immagino che per altre persone la situazione cambierebbe: chi lavora come analista, ad esempio, avrà tutto l’interesse ad avere più informazioni possibile, e in quel caso immagino che l’esito della Pennsylvania sia rilevante di per sé, indipendentemente dal risultato complessivo. Ma per me non cambia nulla: riprendendo la dottrina stoica della dicotomia del controllo, questo è un evento completamente al di fuori del mio potere. Non solo non posso fare nulla per cambiare l’esito delle votazioni o i suoi effetti su di me e sulle altre persone. Non posso neanche fare nulla per prepararmi, visto che le informazioni saranno ancora scarse. Mettiamo ad esempio che Trump vinca: avrò qualche idea, alle due o tre di notte, delle sue future decisioni politiche, ad esempio di come vorrà gestire gli aiuti all’Ucraina o a Israele?
Direi che siamo – almeno per me e penso per la maggior parte delle persone – nell’ambito di quelle news inutili e dannose di cui parla Rolf Dobelli in un libro un po’ confuso ma in parte condivisibile del quale avevo scritto anni fa.
Per quanto mi riguarda, seguire la diretta delle presidenziali statunitense (e direi anche, più in generale, di qualsiasi altra elezione, per quanto di solito siano meno incasinate di quelle degli Stati Uniti) non è informazione, ma intrattenimento. E lo dico senza nessun giudizio negativo: fruisco di molti prodotti di intrattenimento, da giochi di società a film di vario genere. E sono chiaramente favorevole alle commistioni: chi fa informazione deve saper catturare l’attenzione del pubblico e, nei limiti del possibile, anche divertirlo; viceversa, chi si occupa di intrattenimento dovrebbe evitare di alimentare palesi falsità. Ma sono convinto di due cose.
La prima è che occorra mantenere distinti i ruoli: un conto è l’informazione, un altro l’intrattenimento. E un po’ mi preoccupa, vedere giornaliste e giornalisti che si dedicano a un qualcosa che, in base a quanto detto, è soprattutto un prodotto di intrattenimento, per quanto possa essere ben fatto. E questo non tanto perché è un primo passo verso la spettacolarizzazione della cronaca – il bello dei “primi passi” è che non si è obbligati a fare il secondo, il terzo e così via –, ma per le aspettative che si generano nel pubblico che potrebbe perdere di vista le caratteristiche dell’informazione: raccontare eventi rilevanti.
La seconda cosa di cui sono convinto è che, se parliamo di un prodotto di intrattenimento, dobbiamo valutarlo come tale e confrontarlo con analoghi prodotti di intrattenimento. E qui, sinceramente, mi chiedo: vale davvero la pena seguire una diretta sulle presidenziali americane quando è pieno di film e serie tv che non si spacciano per informazione, sono più divertenti e, magari, danno anche più spunti di riflessione della percentuale di voti democratici in Pennsylvania?