Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 111ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di cosa rende così particolare Trump (e c’è anche del buono), di apparenze mediatiche e poi di strisce pedonali, ora legale e francesi che vanno in Africa.
Ma prima una foto: una giornata autunnale con tanto verde e poco giallo.
.
Guarda mamma, senza filtri
La prossima edizione della newsletter arriverà dopo le presidenziali statunitensi. Elezioni strane, viste da fuori: per quanto poco possa stimare Kamala Harris e il Partito democratico, mi è difficile capire come Trump possa ottenere tutto questo successo, anche in fasce della popolazione che non ne trarrebbero alcun vantaggio.
Giusto un esempio: capisco che l’elettorato arabo e musulmano sia scontento delle insipide affermazioni di Harris su Gaza e adesso il Libano, ma resta un mistero come possano pensare di appoggiare quello che, da presidente, si era inventato il “Muslim ban” e aveva riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele.
Certo, c’è il fenomeno del voto identitario: non scelgo in base alle idee e ai programmi elettorali, ma in base al gruppo sociale nel quale mi riconosco. Ma c’è anche un altro aspetto della storia che racconta molto bene Ezra Klein in un lungo articolo pubblicato dal New York Times. Il titolo, What’s Wrong With Donald Trump?, è un po’ fuorviante, perché Klein descrive un tratto della personalità di Trump che non è necessariamente un “wrong” ma può essere, e a volte è, un “right”.
Trump non ha freni inibitori: dice e fa quello che gli viene in mente, come interrompere un comizio per ascoltare, insieme al pubblico, la sua playlist elettorale (è l’esempio da cui parte Klein nel suo articolo). Questa mancanza di filtri gli dà indubbiamente un vantaggio, a livello politico, rispetto a tutte le altre persone che pesano ogni parola e che, anche quando lo fanno con naturalezza, risultano comunque al suo contrario ipocrite. Se ascolto Trump so di sentire quello che lui davvero pensa, non quello che lui pensa mi piacerebbe sentire (o, peggio, quello che altre persone più importanti di me vogliono sentire).
Klein non lo dice, ma credo giochi un peso anche il forte individualismo della società statunitense che vede ogni regola – anche quelle di “buona educazione” o semplicemente di consuetudine, come il fatto che a un comizio si parli – come un male.
Ad ogni modo, questa sua mancanza di inibizione è vantaggiosa non solo a livello di immagine politica: Trump dice quello che gli altri non dicono, incluse le cose giuste come il fatto che l’invasione dell’Iraq sia stata un errore di George W. Bush (altro esempio di Klein).
Solo che quei filtri non sono solo una questione di ipocrisia o di conformismo a vuote convenzioni sociali: sono il normale vaglio razionale al quale sottoponiamo le nostre reazioni istintive. È un’inibizione che non ci fa frenare bruscamente su una strada ghiacciata o ci risparmia il decimo caffè della giornata del quale avremmo voglia ma che sappiamo ci darebbe acidità di stomaco. Trump non è quindi solo il candidato che dice quello che pensa, ma anche quello che fa la prima cosa che gli passa per la mente.
Durante la sua prima – e mi auguro unica – presidenza, i filtri inibitori che mancano a Trump li aveva il suo staff: Klein riprende le molte testimonianze di chi conteneva i suoi eccessi, spesso ignorando i suoi ordini perché tanto non se ne sarebbe più ricordato. Ma ora, per la sua seconda – e mi auguro ipotetica – presidenza ha selezionato un team di persone completamente fedeli, pronte a fare tutto quello che dice.
Sempre a proposito di elezioni statunitensi: per la prima volta dal 1988 il Washington Post non darà il proprio sostegno pubblico a uno dei candidati. La vicenda è riassunta dal Post nella newsletter Charlie, ma ancora meglio è leggere l’articolo di Jeff Bezos, proprietario del Washington Post.
Secondo Bezos i giornali non devono solo essere obiettivi (in realtà lui dice accurate), ma devono anche apparire come tali e le due cose sono separate. Possiamo avere un media obiettivo ma percepito dalla popolazione come di parte o, viceversa, un media inaffidabile considerato affidabile. La tesi di Bezos è che con un endorsement si può forse essere obiettivi, ma non si è certo percepiti come tali, col rischio di diventare irrilevanti.
Sono completamente d’accordo: è importante non solo essere indipendenti, ma anche apparire tali. Pertanto trovo gravissimo l’intervento di Bezos: sia quello di interrompere la tradizione degli endorsement – e non due anni fa, ma a pochi giorni dal voto – ma anche quello di giustificare questa decisione con un articolo pubblicato dal suo giornale. Magari il Washington Post è ancora un giornale indipendente e obiettivo, ma l’impressione è quella di un giornale che fa tutto quel che dice il suo proprietario, evidentemente preoccupato di inimicarsi il possibile futuro presidente degli Stati Uniti.
In poche parole
A New York si potrà attraversare la strada fuori dalle strisce. Ed è un caso interessante di sociologia del diritto, andando al di là della semplice valutazione sulla pericolosità dell’attraversare la strada dove si vuole. Perché le persone attraversano comunque la strada dove vogliono. E magari il fatto che adesso possano legalmente farlo renderà più attente le persone alla guida di un veicolo.
Inoltre, il jaywalking – interessante che negli Stati Uniti abbiano introdotto un termine specifico per quello che in italiano è “attraversare fuori dalle strisce” – viene come detto praticato da molte persone, ma le multe riguardano soprattutto le minoranze: evidentemente le forze dell’ordine hanno una sorta di cecità selettiva quando sono di pattuglia (oltre al fatto che, evidentemente, vanno più spesso di pattuglia nei quartieri dove vivono le minoranze). Giusto per ricordare l’inconsistenza dei discorsi tipo “basta non fare nulla di male…”.
Mi sono perso il cambio dell’ora, domenica scorsa: non solo non ho dovuto aggiornare neanche un orologio – anche quello dell’auto, legato al gps, si è aggiornato da solo –, ma proprio non ci ho pensato. Per quanto mi riguarda, potremmo introdurre anche quatto o cinque cambi di orario durante l’anno, anche di durate diseguali, tanto si sistema tutto automagicamente.1
Che c’era stato il passaggio all’ora solare, l’ho scoperto sul mezzogiorno leggendo il post di una persona sui social media. Il che mi ha stupito, perché il classico boxino “porta le lancette un’ora indietro” era in prima pagina su praticamente tutti i quotidiani. Come mai, pur leggendo i giornali (o almeno guardando le prime pagine), non l’avevo notato?
In pochissime parole
Storie di cittadini francesi che vanno nei Paesi d’origine per cercare un futuro che non trovano in Francia.
L’errore matematico del papa quando parla di abusi sessuali nella Chiesa.
Una mia recensione2 di un documentario su Stromboli – si parla dell’isola, del vulcano e soprattutto di turisti (anche se nel film quasi non si vedono).
Parlo ovviamente da utente: immagino che dal punto di vista tecnico introdurre, chessò, 12 minuti ad agosto, 16 a settembre, 22 a ottobre e 14 a novembre sarebbe un incubo.
Link accessibile: archive.is/JNwik.