Spazi urbani, spazi di discussione. E un po’ di tempo
Newsletter numero 11 del 18 novembre 2022
Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è l’11ª edizione della mia newsletter. Oggi parliamo di spazio, di tempo, di linguaggio e di due grandi che ci hanno lasciato.
Ma prima una foto:
La Milano che non ti aspetti
Non so quanti l’abbiano riconosciuta: la foto è del cimitero di Lambrate. In questi giorni sto frequentando alcune lezioni al San Raffaele e alloggio in zona Lambrate: al mattino, una camminata di circa trenta minuti che mi ha regalato questa bella immagine.
A Milano ci ho vissuto e lavorato diversi anni e l’ho sempre considerata una città a misura di automobile. Certo ci sono i mezzi pubblici, ma gli spazi mi sembravano pensati innanzitutto per le auto e solo secondariamente per chi si muove a piedi o in bicicletta. Tuttavia in questi giorni mi sono accorto che non è vero: lo spazio urbano, almeno nella zona in cui mi trovo adesso, subisce l’automobile – così come subisce tante altre cose, tra cui biciclette e monopattini a noleggio che trovi un po’ ovunque sui marciapiedi. L’impressione è quella di un luogo anti-urbanistico: anziché essere gli spazi che invitano a certi usi – una piazza dove sostare, un posteggio dove lasciare l’auto e andare a piedi, una strada dove scorrere eccetera –, sono gli usi degli utenti che intaccano gli spazi adattandosi alla bell’e meglio.
Con ben altre competenze, urbanistiche e sociali, hanno riflettuto sui valori che incorporano gli spazi urbani le architette Azzurra Muzzonigro e Florencia Andreola, intervistate da Rete Due in un interessante approfondimento sulle città femministe. Non si tratta della solite solite lamentele per le poche vie intitolate a donne, ma proprio di come pensiamo gli spazi urbani.
Di spazi virtuali, quelli dove discutiamo e condividiamo informazioni – insomma i social media – ho invece scritto nel mio blog, ragionando a partire da quello che, spesso esagerando, è indicato come il problema numero uno della nostra epoca, le fake news.
Chiudiamo questa parte dedicata agli spazi abitati con la notizia di questi giorni: finalmente siamo arrivati a 8 miliardi. Ma la fase di rapida crescita della popolazione mondiale sta finendo, come ho scoperto mettendo insieme un po’ di dati e grafici.
Un secondo di troppo e altre cose
Le parole del governo Meloni
Sta diventando una rubrica fissa, questa delle parole del governo Meloni, ma del resto sembrano mettercisi di impegno. La storia del “carico residuale” per riferirsi alle persone rimaste a bordo delle navi è nota, intanto anche nelle comunicazioni ufficiali, dove in teoria il linguaggio dovrebbe essere più sorvegliato, compare il termine “immigrati illegali” anziché “immigrati irregolari”. È un errore: a essere illegale è eventualmente un’azione, non una persona e in ogni caso l’ingresso senza documenti è “un’infrazione dei regolamenti amministrativi e non un comportamento criminale” come scrive Licia Corbolante sul blog Terminologia.
In bicicletta sulla Luna
Il Progetto Genoma Umano è considerato, insieme al Programma Apollo, una delle più grandi imprese scientifiche e se guardiamo ai tempi e ai costi – una ventina d’anni e alcuni miliardi di dollari per leggere l’intero genoma umano – è certamente vero. Certo, molte delle grandi speranze dell’epoca si sono trasformate in grandi delusioni: Bill Clinton, nell’annunciare la conclusione del progetto, se ne era uscito che presto “cancro” sarebbe stato solo il nome di una costellazione. Però di risultati importanti ne sono arrivati e Eric Topol nella sua interessante newsletter esplora alcuni dei benefici del WGS, il “whole genome sequencing” ossia il sequenziamento dell’intero genoma di un individuo. Quello che vent’anni fa era l’ambizioso risultato di un incredibile progetto di ricerca,1 oggi viene a costare 100 dollari e richiede qualche ora di tempo. Per tornare al confronto col Programma Apollo, è come se negli anni Novanta si potesse andare sulla Luna con una bicicletta.
La fine del secondo intercalare
Sul New York Times c’è un interessante approfondimento sul secondo intercalare, il “leap second” che ogni tanto viene aggiunto per sincronizzare gli orologi atomici con la rotazione terrestre. Tanto sbattimento – pensiamo ad esempio tutti i sistemi informatici che comunicano in millisecondi – per una differenza minima: chi si accorge se l’alba inizia un secondo prima o dopo? Per questo oggi si vota per abolire questi secondi intercalari, “sganciando il tempo degli atomi da quello dei cieli” si legge con un certo afflato poetico nell’articolo Time Is Running Out for the Leap Second.
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E infine…
… ho intervistato Paolo Giordano che ha scritto un romanzo un po’ strano – ma parliamo anche di intelligenza artificiale e ha detto una cosa forse un po’ banale ma interessante:
Giordano ci racconta di aver interagito, qualche mese fa, con una IA. «L’ho trovata molto lontana dalla capacità di scrivere non dico un romanzo, ma anche un racconto breve convincente. Poi non sono tra quelli che minimizzano l’importanza di tracciare dei perimetri alle applicazioni delle intelligenze artificiale, ma tra queste la scrittura di romanzi non è quella che mi preoccupa di più». E cosa la preoccupa? «La mentalità da intelligenza artificiale, da algoritmo che premia certe cose e non altre, come vediamo in molte piattaforme di intrattenimento. La mentalità un po’ robotica che di fatto è già applicata a certe forme di consumo di arte mi preoccupa di più del fatto che un’intelligenza artificiale possa scrivere un best seller».
Peraltro avevo intervistato anche Massimo Cacciari, ma mi ero dimenticato di segnalarlo nella scorsa newsletter.
E concludo con due articoli su due grandi uomini di razionalità: Piero Angela e James Randi. A ricordarli è Massimo Polidoro: intervistato da Carlo Silini a proposito di Randi sul quale ha scritto un bel libro e autore, con Lorenzo Mortali, di un ricordo a quattro mani di Angela pubblicato sul sito del CICAP.
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… e volendo potete anche fare una piccola donazione:
Ci leggiamo tra sette giorni.
In realtà il Progetto Genoma Umano non si è limitato a sequenziare un singolo individuo, ma non facciamo i pignoli.