Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 52ª edizione della mia newsletter e vi scrivo da Strambino, dove mi trovo per partecipare a Folle di Scienza.1 Intanto parliamo di classici cinematografici, auto che si guidano da sole (e quel che ci fanno alcuni), gender e l’autismo di Hercule Poirot.
Ma prima una foto: dopo settimane di sforzi, sono riuscito usare decentemente la mascherina per il cacao sul cappuccino.
Ho rivisto Titanic
Tutti parlano di Oppenheimer di Christopher Nolan, ma ahimé non sono ancora riuscito ad andare al cinema a vederlo e ho anche evitato di leggere troppe recensioni, per quanto il rischio di spoiler sia minimo essendo un film biografico. Ho giusto ascoltato la puntata di Ci vuole una scienza di Mautino e Menietti dedicata anche a Oppenheimer.2
Ho invece avuto occasione di guardare con la famiglia due classici che più classici non si può: Top Gun e Titanic. Sul primo c’è poco da dire: come avevo scritto per l’uscita del sequel, “è un po’ la quintessenza di un certo cinema degli anni Ottanta”, quando non ci si faceva grandi problemi di fronte a un lungo spot per arruolarsi in Marina mascherato da film d’azione (e un po’ “gay romance” come sosteneva Quentin Tarantino). È un film invecchiato molto bene, ma è comunque invecchiato.
Titanic invece direi che è rimasto il filmone che era nel 1997 e le tre ore di film – con una pausa più o meno a metà per cenare – sono passate velocemente, tra la partenza del transatlantico, la relazione di Jack e Rose e poi l’iceberg. Peraltro i miei figli, pur non avendo mai visto il film, sapevano già molto: i classici non sono solo quelle opere che hanno sempre qualcosa di nuovo da dirti, ma anche quelle che, essendo entrate nell’immaginario collettivo, le conosciamo prima ancora di averle lette/viste/ascoltate.
Ah, ovviamente c’è la questione della porta di legno: poteva reggere sia Jack sia Rose? La risposta è no: certo, c’è l’esperimento dei Mythbusters ma per riuscire a stare (relativamente) all’asciutto hanno dovuto legare il giubbotto di salvataggio sotto la porta, cosa tutt’altro che immediata da fare.
C’è anche chi ha fatto i calcoli tra spinta di Archimede e peso di Jack, Rose e della porta.3 Con una piccola sorpresa: se la porta fosse stata realizzata in pino, anziché in quercia o teak (gli altri due tipi di legno utilizzati sul Titanic) si sarebbero salvati.
Tuttavia la risposta migliore, in questo caso, non è scientifica ma narrativa: come il regista James Cameron ha ribadito più volte, Titanic è una storia d’amore e di sacrificio, Jack doveva morire e Rose vivere.
Già che parliamo di cinema: è disponibile, in versione podcast, uno degli incontri della Notte bianca sul futuro dell’intelligenza che si è svolta durante il Locarno Film Festival e di cui avevo scritto qualche newsletter fa. Ecco quindi i professori Kevin B. Lee e Andrea Rizzoli discutere di intelligenza artificiale e audiovisivo.
Già che parliamo di intelligenza artificiale…
… condivido un altro articolo di Timothy B. Lee a proposito di auto che si guidano da sole.
Mi ricordo che quando, nel 2010, era nato il mio primo figlio mi ero chiesto se avrebbe mai preso la patente. Abbagliato dai progressi che si stavano facendo all’epoca, mi pareva certo che nel 2028 le auto sarebbero state in grado di portarci autonomamente dove volevamo e che guidare sarebbe stata una roba da pochi nostalgici. Siamo nel 2023 e sono sicuro che anche il terzogenito – che di anni ne ha quattro – sarà costretto a prendere la patente.4 Il fatto è che guidare è quella cosa apparentemente semplice che tuttavia richiede una grande quantità di competenze diverse, soprattutto in contesti complessi come una città.
Nel suo articolo Lee sostiene che molto probabilmente le auto autonome sono già adesso più sicure di guidatori umani,5 il che dovrebbe farci concludere che è meglio avere alla guida intelligenze artificiali che esseri umani. Tuttavia le intelligenze artificiali – lo vediamo spesso con ChatGPT – tendono a fallire in modo spettacolare in situazioni giusto un attimo fuori dall’ordinario. È lo stesso Lee a raccontare, minimizzandoli, di incidenti in cui le auto di Waymo – un servizio utilizzato a San Francisco, hanno centrato carrelli della spesa e sbarre. Situazioni che un essere umano sa invece gestire benissimo.
Insomma, sul tema condivido appieno lo scetticismo di Gary Marcus.
C’è anche un problema di interazione con gli esseri umani. Non mi riferisco solo ad altri guidatori o a pedoni – che cercano un contatto visivo con una persona quando attraversano la strada –, ma anche ai passeggeri di queste auto autonome: viaggiando su un taxi senza autotista, molti si prendono libertà che non farebbero in presenza di un autotista umano.
Parliamo di gender
Ancora sull’agenda scolastica ticinese e le due pagine dedicate all’identità di genere.
Il Corriere del Ticino ha pubblicato un interessante contributo di Giovanni Pellegri sull’argomento. Ho qualche perplessità sull’approccio “centrista” di mediazione tra due estremi: come strategia per cercare di farsi ascoltare è un po’ scontata e, per quanto gli eccessi si trovino da entrambe le parti, la situazione non è simmetrica. Ma ho apprezzato molto alcuni passaggi:
E allora di che cosa abbiamo paura? Forse non tanto di quella minoranza di persone che si trova in situazioni diverse (e aggiungerei anche complicate) ma piuttosto del fatto che il modello classico di matrimonio stia tramontando? Ma in questo i gruppi LGBT non c’entrano. E semmai un problema della maggioranza degli eterosessuali, di modelli sociali, di valori. Ma né i gender studies, né le persone omosessuali, né le presunte e inventate teorie del gender c’entrano.
Meno cerchiobottista l’approfondimento di Rete Due, con la sociologa Maddalena Cannito, e con il filosofo politico Lorenzo Bernini
Meno teoria e più pratica, laRegione ha intervistato una persona transgender che ha avuto le sue belle difficoltà, in Ticino.
Chiudiamo la sezione dedicata al gender con una storia sui gabinetti pubblici, scritta da Maria Vittoria Capitanucci per Il Post.
E per finire, Hercule Poirot e la luna
Adoro Hercule Poirot. Parte del fascino di questo personaggio sta nel fatto che, come del resto molti altri detective letterari, è “strano”. Tanto che su The Conversation Rebecca Ellis e Jamie Bernthal-Hooker si chiedono se possa essere autistico – non tanto per improvvisare diagnosi di personaggi di fantasia, esercizio che di per sé non ha molto senso, ma per parlare un po’ di autismo e neurodiversità.
Nelle scorse settimane due diverse missioni lunari, una russa e una indiana, si sono concluse la prima con un fallimento la seconda con un successo. Tutto nella media, visto che “almeno metà delle missioni lunari fallisce”, spiega Gail Iles su The Conversation. Lo spazio è difficile da raggiungere anche per una certa “inesperienza umana”: oggi abbiamo miliardi di auto e decine di migliaia di aerei in funzione, ma in tutta la storia umana abbiamo avuto meno di 20mila lanci spaziali.
A proposito di luna: si parla di “superluna blu” e per quanto abituato alle fesserie pseudoscientifiche, mi ha stupito scoprire che il termine è stato coniato da un astrologo. Altri dettagli su Terminologia etc.
Per finire, cosa succede se un poliziotto filosofo che ha letto Brecht:
Questa edizione della newsletter finisce qui; sperando di non aver fatto troppi errori e che vi sia piaciuta, vi invito a consigliarla o condividerla con altre persone…
Ci leggiamo tra sette giorni.
In realtà questa newsletter parte da Ivrea, dove dormo in questi giorni. Ma non sottilizziamo.
E già che ci siamo: ho scoperto che gli abitanti di Ivrea si chiamano eporediesi, dal vecchio nome della città.
Scritto in tondo e non in italico perché parlano più dello scienziato che del film.
Io li ho sentiti da Luca Perri in una sua conferenza.
E se non sarà costretto, sarà per qualche rivoluzione a livello di mobilità pubblica, non perché la sua automobile sarà completamente autonoma.
“Molto probabilmente” perché non abbiamo statistiche complete sugli “incidenti umani” per fare confronti effettivi.