Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 50ª edizione della mia newsletter. Oggi parliamo di cinema, di futuro, di intelligenze artificiali che scrivono cose e di pregiudizi preistorici.
Ma prima una foto:
È l’ultimo film proiettato in Piazza Grande della 76ª edizione del Locarno Film Festival: Citizen Cane (ma il titolo italiano, Quarto potere, è altrettanto se non più suggestivo) di Orson Welles è stato il “film a sorpresa” scelto dal presidente del festival Marco Solari per il suo addio (a breve entrerà in carica la nuova presidente Maja Hoffman).
Per questo commiato cinematografico Solari era indeciso tra alcuni film e devo dire che abbiamo gusti abbastanza simili: gli altri candidati erano Twelve Angry Men di Sidney Lumet con Henry Fonda – personalmente lo considero uno dei migliori film di sempre –, Morte a Venezia di Luchino Visconti e La notte di San Lorenzo dei fratelli Taviani.
Noto che sono tutti film drammatici e forse io – facendo il sovrumano sforzo immaginativo di ritrovarmi al posto del presidente – avrei optato per una commedia. Hellzapoppin' di H. C. Potter, Duck Soup (La guerra lampo dei fratelli Marx) di Leo McCarey, Young Frankenstein di Mel Brooks o anche The Blues Brothers di John Landis.
Detto questo adoro Quarto potere e me ne sono rivisto una buona mezz’ora prima di andare alla festa di chiusura del Festival.1
Da Welles a Wells
Da Orson Welles passiamo a H. G. Wells che conoscevo come geniale autore di fantascienza – di fatto l’iniziatore del genere insieme a Jules Verne e Mary Shelley. Wells è invece stato anche un notevole futurologo, come oggi chiamiamo quelli che provano a prevedere come sarà la nostra società tra dieci, venti o cent’anni. Come ha spiegato Peter J. Bowler in un interessante articolo – del 2019 ma l’ho scoperto solo adesso – pubblicato su The Public Domain Review, Wells parte dalla teoria dell’evoluzione di Darwin, ma in una chiave abbastanza insolita: il progresso non è inevitabile e ogni avanzamento dipende da circostanze che non possono essere previste.
Acuto anche lo sguardo sulle “unintended consequences” delle invenzioni – e l’esempio che riporta Bowler, il caos del traffico dovuto alla diffusione delle auto, è decisamente attuale un secolo dopo.
Immagini delle preistoria
Ötzi non era biondo con gli occhi azzurri. Il corpo mummificato ritrovato nel 1991 nell’attuale Trentino-Alto Adige ce lo raffiguravamo così:
Invece un nuovo studio – basato sull’analisi del DNA di Ötzi – ce lo descrive come calvo e con pelle e occhi scuri.
Ne hanno scritto in molti, in questi giorni; qui cito l’articolo di Giuseppe Fraccalvieri su ClassiCult: Nuove analisi del genoma di Ötzi: calvizie, pelle e occhi scuri, ascendenza anatolica.
Di questa vicenda sono interessanti non solo i dettagli sullo studio – non è così banale dedurre la fisionomia di una persona dal genoma di una persona, e qui parliamo di frammenti recuperati da un corpo mummificato risalente al 3000 a.C. – ma ovviamente anche lo schema mentale che ci ha portato a pensare “di default” che Ötzi dovesse essere bianco.
Chissà se l’aver scoperto la pelle scura di Ötzi ci porterà a ridimensionare la sua intelligenza. Con Neanderthal è successo grosso modo lo stesso anche se a parti invertite, come ha osservato Angela Saini nel libro Superior: scoprire che i Neanderthal avevano la pelle bianca e si erano incrociati con le popolazioni europee di H. sapiens ha portato a una improvvisa rivalutazione delle loro capacità intellettuali e sociali.2
A proposito di pregiudizi, Vanessa Roghi sul Post ha un lungo articolo su quel che è successo ai libri di Agatha Christie.
Intelligenza naturale
Ars Technica ha un interessante approfondimento sul perché è così difficile riconoscere i testi prodotti da intelligenze artificiali che scrivono cose – ed è molto facile avere falsi positivi, testi scritti da esseri umani scambiati per artificiali. Semplificando, molti testi – non a caso l’esempio da cui parte l’articolo è la Costituzione degli Stati Uniti – hanno formulazioni standard che, essendo ricorrenti e comuni, sono subito apprese (e riproposte) dalle intelligenze artificiali. Non vedo alternative, a meno di non dedicarsi a esercizi di scrittura creativa anche per istruzioni, norme e avvisi.
Il che mi ricorda un indovinello dei tempi dell’università: quale testo del Novecento inizia con “turbata libertà degli incanti”? La risposta in nota.3
Perché sarebbe utile distinguere i testi scritti da intelligenze artificiali? Banalmente perché l’infosfera – parola pomposa che indica quello che leggiamo, guardiamo, ascoltiamo – si sta riempiendo di merda contenuti di bassa qualità generati artificialmente: roba magari scritta bene, ma con informazioni completamente false, le cosiddette “allucinazioni”. Un recente esempio lo trovo in un post su Instagram di Dario Bressanini: nelle recensioni del suo ultimo libro si citano precedenti sue opere mai pubblicate, oltre a temi che in Fa bene o fa male? non sono stati trattati.
Ne discute più seriamente Gary Marcus sulla sua newsletter.
Da notare che qui almeno ci sono degli esseri umani che hanno scelto cosa pubblicare – hanno anche corretto alcuni degli errori – ma il futuro potrebbe portarci a sistemi completamente autonomi: in pratica una intelligenza artificiale che trova da sola i temi di cui scrivere e pubblica contenuti che rispecchiano l’impostazione iniziale. Ne scrive The Debrief, testata che non conosco e alcuni aspetti del loro articolo non mi sono chiari, ma prepariamoci al peggio.
Questa edizione della newsletter finisce qui; sperando di non aver fatto troppi errori e che vi sia piaciuta, vi invito a consigliarla o condividerla con altre persone…
Ci leggiamo tra sette giorni.
Quel giorno ho anche avuto il piacere di intervistare il produttore del film vincitore del Pardo d’oro. Perché il produttore e non il regista? Perché il regista era bloccato in Iran dove non hanno molto gradito il suo film. Lui aveva cercato di lasciare il Paese prima del festival ma la Germania – pare per un errore – aveva emesso una segnalazione che ha impedito l’entrata nell’area Schengen. I valori dell’Europa.
Il libro parla anche di molte altre cose – ma confesso di aver solo letto le parti dedicate a Neanderthal.
L’articolo 353 del Codice penale del 1930: è quello che oggi, con meno arzigogoli, si chiama “turbativa d’asta”.