Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 29ª edizione della mia newsletter. Oggi parliamo condanne prive di senso, crisi climatica e censure.
Ma prima una foto:
Ne vale la pena?
All’inizio sembra un racconto di fantascienza, di quelli in cui arriva un visitatore da un passato più o meno remoto e guarda incredulo ad auricolari Bluetooth e assistenti vocali. “Perché le persone parlano da sole? E chi è Alexis?”.
In un certo senso è così: Bobby Bostic è arrivato direttamente dagli anni Novanta del Novecento ma non è salito su una macchina del tempo né è stato ibernato. È stato in carcere: condannato, quando era ancora minorenne a 241 anni di carcere, con possibilità di libertà condizionale dopo 112 (o quando avrebbe compiuto 112 anni, poco cambia).
La BBC lo ha intervistato quando era in prigione e lo ha incontrato di nuovo adesso che è libero. Il racconto è coinvolgente, dall’inaspettata gentilezza delle persone fuori dal carcere al mal d’auto dopo che per 27 anni non sei mai salito su un mezzo in movimento. Se faranno un libro, un film, una serie tv, un podcast sulla sua storia, spero che racconteranno questo spaesamento.
Ma c’è un’altra cosa che stupisce della vita di Bobby Bostic: l’insensatezza della pena.
Intendiamoci: quello di Bostic non è il caso di un innocente condannato ingiustamente. I crimini per cui è stato condannato li ha davvero commessi e sono anche crimini abbastanza odiosi. Da quel che leggo, armato di pistola ha minacciato una donna per farsi consegnare un’auto, ha rapinato delle persone che stavano distribuendo regali ai bisognosi. Ma non ha né ucciso né ferito nessuno. E aveva 16 anni.
Perché punire una persona che commette dei crimini? “Perché se lo merita” è una delle possibili risposte: la pena è una sorta di retribuzione del crimine, un modo per riparare alla sofferenza causata – non con un risarcimento, ma con la sofferenza. Ma 241 anni di condanna, in pratica il carcere a vita, in che maniera possono essere considerati una retribuzione equa dei crimini commessi da Bostic?
La pena è anche prevenzione: si punisce perché la persona condannata non possa più commettere crimini e altri, temendo la stessa punizione, decidano di rispettare la legge. Certo, restare in carcere tutta la vita riduce le possibilità di commettere reati: ma è l’unico modo? Ed è un modo sensato, tenendo conto non solo della sofferenza causata a Bostic, ma anche dei costi di un sistema carcerario simile.
E questa punizione mostra agli altri che il crimine viene punito e quindi conviene rispettare la legge? Oppure che la punizione è una cosa slegata alla violazione della legge, è un capriccio della polizia, della magistratura, della politica? Perché Bostic non era solo, quando a 16 anni fece quelle rapine. Ma il suo complice patteggiò una pena di 30 anni, mentre Bostic rifiutò l’accordo e venne condannato a 241 anni. E quando la Corte suprema stabilì che i minorenni non potessero essere condannati a vita senza possibilità di libertà vigilata, le autorità del Missouri stabilirono che questa sentenza non si applicava a Bostic: la sua non era una condanna a vita, ma a 241 anni.
Quando si invoca il “mettetelo in gabbia e gettate via la chiave”.
Siamo ancora in tempo per fare qualcosa
In riferimento all’ultimo rapporto dell’IPCC, il gruppo intergovernativo sul clima, e alla poca attenzione ricevuta sui media, un conoscente ha riassunto che “la crisi climatica è la notizia del secolo, ma non è mai la notizia del giorno”.
Il riscaldamento globale è una sfida anche per la comunicazione. L’IPCC fa un buon lavoro, unendo la caterva di informazioni e dati scientifici a riassunti e schemi. La sintesi della sintesi è qui; poi ci sono varie figure interessanti:
Un modo per raccontarla è pensare alla torrida estate del 2022. Qualsiasi cosa facciamo, a livello di emissioni di gas a effetto serra, ci saranno tanti estate così calde. Se riusciamo a raggiungere l’obiettivo di azzerare le emissioni per il 2050, saranno le estati più calde; se continuiamo come fatto finora saranno tra le estati più fredde.
Cosa significherà questo caldo? Anche in Europa diventeremo dei migranti climatici? Se lo chiede Claudia Bellante sul Tascabile e la lunga risposta contenuta nell’articolo è un’interessante analisi su come cambierà il clima in Europa e su cosa spinge le persone ad abbandonare la propria terra.
Il libro della settimana
Fernando Savater aveva raggiunto una certa popolarità, negli anni Novanta, con Etica per un figlio, che non ho letto. Mi aveva invece incuriosito il suo Dizionario filosofico.
L’ho letto ai tempi dell’università e lo ricordo come una lettura gradevole, forse un po’ scontata ma comunque con diversi spunti interessanti. Ricordo in particolare una voce, Veleni: una buona parte del testo è dedicata alla censura dei libri giudicati pericolosi, con tanto di “polizia letteraria”; solo alla fine Savater mostra che il meccanismo che portava le autorità a proibire i libri è lo stesso che le porta oggi a proibire certe droghe. Perché “nel diciottesimo secolo la salute che premeva alle autorità era quella dell’anima e del regno e non la salute fisica dei cittadini”.
Di linguaggi, falsi che sembrano veri e altre storie
Il Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione ha chiesto un parere all’Accademia della Crusca sul linguaggio inclusivo nei testi giuridici. La presa di posizione – che ribadisce quanto già affermato in passato dalla Crusca e che riassumo qui – è stata riportata da alcuni media come “Accademia della Crusca smonta il politically correct”. Perché si dice (nei testi giuridici, non in generale) no allo schwa. Ma si dice anche un sì all’uso “largo e senza esitazioni” dei femminili professionali – quelli che Giorgia Meloni rifiuta chiedendo di essere chiamata “il presidente”.
Titolare “Accademia della Crusca smonta il presidente Meloni” avrebbe fatto meno clic? Non credo, ma di certo avrebbe infastidito quelli che comandano.
Intanto il mondo dell’atletica ha deciso di escludere le atlete transessuali dalle competizioni femminili.
Si muore ancora troppo di parto.
L’intelligenza artificiale è il grande falsificatore, in grado di creare fotografie, video e audio incredibilmente realistici. La cosa mi preoccupava fino a un certo punto: non serve che un falso sia perfetto, per essere creduto, per cui l’aumento di bufale dovrebbe essere relativo. Non avevo riflettuto che il problema vero è il contrario, ovvero che sarà difficile credere alle cose vere, come le autentiche dichiarazioni compromettenti di qualche politico. John Gruber fa l’esempio del “grab them by the pussy” di Trump: oggi la registrazione ci basterebbe come prova?
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Ci leggiamo tra sette giorni.