Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 104ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni.
Oggi parliamo di pregiudizi haitiani, di Taylor Swift e supercazzole letterarie.
Ma prima una foto: la Dora Baltea a Ivrea, dove sono stato per Folle di scienza.
Quando ho scattato questa foto stavo passeggiando con una geologa e ho così scoperto che la Dora Baltea è l’unico fiume italiano nivoglaciale – in poche parole, è l’unico che arriva interamente da ghiacciai, il che garantisce che ci sia tanta acqua, soprattutto d’estate quando altri fiumi hanno invece portata ridotta. Cose che magari, prima o poi, capiterà anche alla Dora Baltea.
Di gatti e haitiani
Non ho dedicato molta attenzione al confronto televisivo tra Trump e Harris (o tra Donald e Kamala, visto che spesso i giornali chiamano i politici per nome). Non devo decidere per chi votare, non devo scrivere articoli sulla campagna elettorale statunitense, ho giusto letto che per praticamente tutti i commentatori il dibattito l’ha vinto Kamala Harris e poco altro, anche perché da qui a novembre ne possono ancora capitare, di cose.
Poi ho iniziato a trovare in giro brevi clip con Trump che accusa i migranti di mangiare gli animali domestici degli americani, tema diventato oggetto di molti commenti umoristici e di difese più o meno convinte da parte dei sostenitori di Trump.
Ora, una risata ci sta e del resto il tema si presta, tra immagini di gattini e tradizioni culinarie vicentine; peraltro sono deluso che nessuno abbia tirato fuori la “lepre dei coppi” di Creuza de mä di De André. Tuttavia cercherei anche di prendere sul serio l’argomento “immigranti mangiano gatti” che non è, o almeno non è soltanto, un tentativo di buttarla in caciara da parte di Trump.
Intanto Trump si è difeso bene, quando gli hanno fatto notare che non ci sono prove di gatti o altri animali domestici uccisi da migranti. Certo, quel “l’ha detto la televisione” fa pensare all’anziano rincoglionito che trascorre la giornata con la tv accesa, ma Trump ha anche abilmente buttato lì l’idea che le testimonianze ci siano e che siano state messe a tacere dalle autorità – e questa è, purtroppo, un’ottima strategia per lasciare quantomeno aperto il dubbio che magari…
Poi Trump non ha accusato gli immigrati in generale , ma un gruppo specifico: gli haitiani. Ne sono arrivati molti, negli Stati Uniti, vista la difficile situazione nell’isola che dura da tempo1 e si è ulteriormente aggravata.2 Immagino che l’arrivo di molte persone in comunità relativamente piccole – stando a Wikipedia, la cittadina dove sarebbero stati uccisi i gatti, Springfield in Ohio, ha circa 60mila abitanti –, possa creare dei disagi, ma i numeri raccolti da Noah Smith mostrano che gli haitiani non sono peggio né di altri gruppi di immigrati né degli americani e anzi, in alcuni casi sono pure meglio: ad esempo i figli di chi è arrivato da Haiti tendono a essere più istruiti della popolazione generale degli Stati Uniti. Fermo restando, come precisa anche Smith, che anche se arrivi da un Paese incredibilmente povero e terribilmente violento dovresti essere giudicato per quello che fai, non per quello che forse fanno altre persone alle quale sei in una qualche maniera legato. Un tempo la responsabilità individuale era considerata un principio fondamentale, ma evidentemente vale solo per alcuni.
Gli haitiani devono fare i conti con molti pregiudizi – alcuni dei quali legati proprio agli animali che verrebbero sacrificati durante i riti voodo che, in qualche immaginario comune, sono più diffusi delle messe nei giorni di Pasqua. E poi sono neri: ho già letto curiose ricostruzioni della rivoluzione haitiana come cause di tutti i mali moderni del paese in quanto avrebbe reso maggioritaria la popolazione di origine africana, geneticamente inferiore a quella europea. In queste ricostruzioni non si fa ovviamente cenno al risarcimento preteso dalla Francia – e, senza voler ricondurre a quel debito tutti i problemi di Haiti, mi chiedo come sarebbero oggi gli Stati Uniti, se fossero stati costretti a ripagare la corona inglese dell’equivalente odierno di almeno mezzo miliardo di dollari.
Dietro a quel commento apparentemente sconclusionato sugli immigrati che mangiano i gatti troviamo tutto questo. E penso che questi pregiudizi meritino qualcosa di più di un’immagine generata da una intelligenza artificale con Trump che salva dei gattinii.
Sono infatti abbastanza sicuro che questa storia porterà a una maggiore diffidenza verso gli haitiani e magari anche a qualche atto di violenza.
In poche parole
Ancora sulle presidenziali americane: Kamala Harris ha ricevuto il sostegno di Taylor Swift. La prima domanda che in queste situazioni viene in mente è “ma queste cose contano?” – e sì, contano abbastanza –, ma la prima cosa che ho fatto io è leggere bene cosa ha scritto la cantante su Instagram.3
Un post abbasta lungo, nel quale ricorda l’immagine generata da una intelligenza artificiale dalla quale sembrava che lei appoggiasse pubblicamente Trump e che prosegue con l’affermazione che “il modo migliore per combattere la disinformazione4 è la verità”, seguita dall’annuncio che voterà per Harris.
Non ha detto “votatela anche voi”: certo, è implicito che una simile dichiarazione pubblica ha questo obiettivo, ma Taylor Swift invita chi la segue a prendere autonomamente una decisione e votare, informandosi per tempo su come fare.5 E mi ha colpito che tutto questo venisse riassunto con l’espressione “I’ve done my research” che ricorda molto il “do my own research” (che tradurrei come “fare ricerche per conto proprio” o “ricerche fai da te”) che è il classico invito su cui si basano molte campagne di disinformazione.
Ho fatto un paio di interviste, nei giorni scorsi. Una è stata allo scrittore cileno Benjamìn Labatut6 – quello di Quando abbiamo smesso di capire il mondo, libro del quale mi avevano parlato molto bene ma che non sono riuscito a finire. Questione di gusti personali – diciamo che gigioneggia un po’ troppo con le parole –, ma forse anche la perplessità, o il pregiudizio, verso chi mescola con troppo disinvoltura realtà e finzione e diffida troppo della ragione.
Confermando i miei pregiudizi, Labatut ha tirato fuori una supercazzola da manuale quando gli ho chiessto delle critiche mosse a Quando abbiamo smesso di capire il mondo: «Rispondere a questa domanda significherebbe cadere nel masochismo. È come quei colloqui di lavoro in cui ti chiedono qual è il tuo peggior difetto: e tu rispondi qualsiasi cosa stupida, perché la verità, l’indicibile verità, è che tutti abbiamo l’orrore dentro di noi, tutti abbiamo abbastanza difetti da andare dritti all’inferno e una o due virtù che ci salvano dal cadere troppo in basso. Mi sembrerebbe meschino criticare ‘Quando abbiamo smesso di capire il mondo’ perché, pur vedendo tutti i suoi difetti, è qualcosa che è scaturito dal mio inconscio e ha cambiato la mia vita. Quindi gli devo una quota di silenzio».
La seconda intervista che ho fatto mi è piaciuta molto di più: il paleoantropologo Jean-Jacques Hublin7 si è dimostrato persona molto cortese e disponibile. Il tema dell’intervista, e della conferenza che ha tenuto nell’ambito dei Premi Balzan, riguardava la scomparsa dei Neanderthal. O meglio la diffusione di Homo sapiens, perché come mi ha spiegato, la vera domanda non riguarda l’estinzione di una specie – evento molto comune, nella storia della vita, per quanto non sempre agli iniquietanti livelli attuali – ma il fatto che una singola specie, cioè noi, abbia occupato tutti gli spazi, inclusi quelli apparentemente inospitali.
Quello che mi è piaciuto, e che ho cercato di rendere nell’intervista, è la sua cautela nel raccontare storie, o meglio la sua consapevolezza che le storie che ci raccontiamo sul passato rispecchiano necessariamente le nostre aspirazioni attuali. Sappiamo che circa il 2% dei genomi degli europei arriva dai Neanderthal: è il frutto di una qualche forma di convivenza oppure di stermini che si sono conclusi con il rapimento di quella donna?
In pochissime parole
L’olfatto è uno strano senso – e infatti in italiano mancano i “descrittori olfattivi primari”, insomma parole che descrivono direttamente un odore senza riferimenti ad altro. Da qui parte un interessante articolo di Federica Sgorbissa: Perché non riusciamo a descrivere gli odori?
Due articoli sul mercato dei crediti di carbonio: uno e due.
Qui un articolo di due anni fa del Post intitolato Le bande criminali ad Haiti sono fortissime.
"Difficile situazione” e “ulteriormente aggravata” sono due eufemismi belli grandi.
E non su X/Twitter, come pare avesse fatto quattro anni fa.
In realtà ha usato il termine “misinformation”, che è una cosa un po’ diversa, ma non facciamo i pignoli.
Questo aspetto potrebbe essere il più importante di questa storia: far votare una parte di popolazione che si sarebbe probabilmente astenuta.
L’intervista non è dissponibile online, ma non è una grave mancanza visto che ha voluto farsi mandare le domande via mail.
Link accessibile: archive.is/p7hPI.