Ciao,
sono Ivo Silvestro e questa è la 62ª edizione della mia newsletter settimanale di segnalazioni e riflessioni. Oggi parliamo del dover dire la propria, della vecchia nuova canzone dei Beatles, di solastalgia e del cinema di destra e sinistra.
Ma prima una foto: un peperone che non sembra aver gradito l’essere finito nella mia insalata.
Il mondo non è uno Speakers' Corner
L’attenzione, per non dire l’ossessione, è tutta per la libertà di parola, insomma sul diritto di dire la propria opinione (e delle altre persone di criticarla o ostacolarne la diffusione). Del dovere di parola si discute molto meno. Con “dovere di parola” mi riferisco a quelle situazioni in cui una persona è in qualche maniera tenuta a dire qualcosa.
Il primo esempio che mi viene in mente è l’arbitro che deve dire qualcosa di fronte a un’irregolarità nel gioco – ma quello è un caso particolare, visto che il dire dell’arbitro è anche un fare, nel senso che non si limita a descrivere un fallo ma stabilisce anche la sanzione1 e il suo ruolo è proprio quello di far sì che il gioco si svolga regolarmente. La situazione del cronista è già più interessante: la sua è una semplice descrizione della partita e chiaramente in questa descrizione ci devono essere tutti gli eventi principali, irregolarità incluse.
Un semplice spettatore ha il dovere di segnalare un’irregolarità magari sfuggita all’arbitro? Sicuramente può farlo, almeno in generale,2 ma è anche tenuto a farlo? Credo che che in questi casi si possa parlare di “dovere” in un senso molto debole del termine, soprattutto se la segnalazione si aggiunge ad altre alle quali aggiunge poco o niente.
Tutta questa riflessione nasce da un aspetto marginale della polemica innestata dal rifiuto di Zerocalcare di partecipare a Lucca Comics per via del patrocinio di Israele (la vicenda è spiegata in questo articolo del Post). Alcuni gli hanno rimproverato di non aver detto nulla sugli atti terroristici compiuti da Hamas il 7 ottobre, ma solo sui successivi attacchi israeliani a Gaza.3
Avrebbe dovuto? In linea di massima direi di no: parliamo di un autore che per quanto “impegnato” non mi pare sia tenuto a esprimersi su ogni evento simile, al contrario ad esempio di una associazione per i diritti umani o di altre istituzioni.
Se avesse condannato Hamas adesso le sue accuse a Israele sarebbero più credibili e a loro modo autorevoli? Forse sì, ma allora la condanna degli atti terroristici sarebbe diventato un caso di “protagonismo morale”, una critica fatta non per dare un contributo a una discussione ma per “mettersi sul podio”.4 E se è così credo che dovremmo ringraziare Zerocalcare per non aver detto nulla, evitando di creare inutile rumore – ma è difficile pensare, per eventi così tragici, a una regola generale.
‘Now and Then’
Gli algoritmi di Amazon ogni tanto mi segnalano che è uscito il nuovo libro di Gianni Rodari o di Agatha Christie – si tratta banalmente di ristampe o riedizioni che però il sistema scambia per “nuove opere”.
Now and Then invece è davvero una nuova canzone dei Beatles. O “nuova vecchia” come scrive Il Post in un articolo dedicato a come si sia riusciti a isolare la voce di John Lennon da una demo del 1978.
Non l’ho ancora ascoltata, ma le discussioni sull’autenticità della canzone mi hanno incuriosito.
A livello generale non è nulla di eccezionale: la storia è piena di opere ultimate dopo la morte dell’artista partendo da materiale originale; restando in ambito musicale, le prime che mi vengono in mente sono il Requiem di Mozart e la Turandot di Puccini. Ma sappiamo che il finale della Turandot non è di Puccini, anche se probabilmente non è troppo dissimile da come lo avrebbe composto lui. Per Now and Then la questione è invece più sfumata. Intanto perché non è chiaro se la voce che ascoltiamo è davvero quella di John Lennon. Come scrive Paolo Attivissimo:
Se si tratta di pura sottrazione, allora mi sembra ragionevole dire che la voce che si sente è effettivamente quella di Lennon. Ma se i suoni originali sono stati ricostruiti o sostituiti con suoni analoghi di migliore qualità, sia pure provenienti da campioni della voce di Lennon, si può ancora parlare di voce autentica?
E poi c’è l’aspetto artistico, altrettanto se non forse più importante. E su questo cito .mau.
Una delle caratteristiche dei Beatles era il ricreare ex novo in studio, e i frammenti di canzone potevano diventare qualcosa di completamente diverso (quando John presentò la prima versione di I Am the Walrus che era praticamente il suono della sirena di un’auto, gli altri lo guardarono e alla fine George Martin trovò il coraggio di dire “scusa, John, e cosa dovremmo farci?”) o anche solo venire assemblati insieme, come in Happiness Is a Warm Gun. Qui non c’è stato nulla di tutto questo: una produzione indubbiamente perfetta, ma sotto la perfezione nulla.
Solastalgia
Ho scoperto l’esistenza della parola “solastagia”, ovvero la “sofferenza causata da un cambiamento ambientale che ha un forte impatto sulla vita delle persone”.
Temo che sarà una parola di cui avremo sempre più bisogno, per quanto si concentri su un aspetto apparentemente secondario della crisi climatica, ovvero la sensazione di benessere legata all’ambiente nel quale viviamo.
Destra e sinistra
Mi sto dilettando con i video essay. Si tratta di brevi filmati – in genere una decina di minuti – che indagano un tema basandosi essenzialmente sulle immagini. Sono ovviamente molto usati per studiare il cinema (qualche settimana fa avevo citato la “Spielberg face”), e qui c’è un piccolo mio esperimento con uso del voice over.
Qualche spiegazione aggiuntiva: l’ispirazione nasce dall’articolo Righteous Adam, Sinister Eve di Sergio Della Sala e Robert D. McIntosh in cui si analizza la persistenza del pregiudizio che vede Adamo a destra di Eva5 in quanto più importante. Nella storia dell’arte era una prassi codificata, per quanto con alcune eccezioni come si legge nell’approfondita monografia di Robert Couzin Right and Left in Early Christian and Medieval Art. Mi chiedo se capiti lo stesso nel cinema: ovviamente quello che si vede nel filmato è pure e semplice cherry picking, anche se la facilità con cui ho trovato spezzoni in cui l’uomo è a destra e la donna a sinistra mi fa sospettare che non sia un caso.
Mi sento comunque in dovere di evidenziare le eccezioni. Iniziando dalla saga di Guerre stellari, nella quale in genere i cattivi sono a destra (cioè a sinistra dello schermo) e i buoni a sinistra (e quindi a destra dello schermo).
È la teoria degli atti linguistici – secondo me una delle cose più interessanti accadute in filosofia dal Novecento in poi.
Penso alle partite di tennis dove il pubblico, vai a sapere perché, deve stare in silenzio.
Sui quali si è espresso perché direttamente coinvolto dovendo partecipare a un evento patrocinato da Israele – ma sulla bontà o meno della sua decisione e delle spiegazioni date ne parliamo un’altra volta. O non ne parliamo del tutto.
La destra “vera”, quella dei personaggi raffigurati, quindi a sinistra per chi guarda.